Caracciolo, Galeazzo, marchese di Vico (1517-1586)

Nato a Napoli nel 1517 ed esponente di spicco dell'aristocrazia napoletana, oltre che nipote del cardinale Gian Pietro Carafa [il futuro Papa Paolo IV (1555-1559), che nel 1557 si sarebbe lamentato con l'ambasciatore di Venezia, Bernardo Navagero, del gran dolore che il nipote gli aveva arrecato passando alla Riforma], Galeazzo Caracciolo si era accostato alle idee riformiste, frequentando i circoli ispirati a Juan de Valdés. Ma nel 1542 la creazione del Sant'Ufficio proprio da parte del cardinale Carafa diede inizio alla persecuzione dei riformatori italiani e la chiusura dei loro circoli, come quello napoletano.

Dopo un incontro illuminante con Pier Paolo Vergerio a Strasburgo, C., gettando via, per ragioni di fede, una carriera alla corte dell'imperatore Carlo V (1519-1556), al cui servizio era stato assunto, decise nel 1551 di andare in esilio nella Ginevra calvinista, dove s'incontrò con il senese Lattanzio Ragnoni, diventato poi pastore della locale comunità italiana. Qui gli fu riconosciuto il titolo di marchese di Vico (rifiutato da Carlo V nel 1553 a causa della decisione di C. di abbandonare la corte imperiale) e si sposò, in seconde nozze, con Anna Framéry, avendo la prima moglie deciso di rimanere cattolica e di non seguire il marito in esilio a Ginevra.

Nel 1560 C. ricevette la visita di un altro illustre nobile napoletano, Ferrante Sanseverino (n. 1511), principe di Salerno, in fuga più per motivi politici che dottrinali: era stato infatti bandito nel 1552 per aver congiurato contro il re di Napoli. Nel 1579, invece, C. ebbe a che fare con un fuggitivo Giordano Bruno, che riuscì per un breve periodo a convertire alla religione calvinista, tuttavia il successivo scandalo suscitato da Bruno a causa del suo attacco contro il docente di filosofia all'Accademia di Ginevra Antoine de la Faye (1540-1616), provocò un procedimento a carico del filosofo nolano, che decise poi di emigrare in Francia. Nella città svizzera la prestigiosa ed autorevole figura di C. fu talmente stimata, che Niccolò Balbani, pastore all'epoca della comunità italiana a Ginevra, alla morte del marchese avvenuta nel 1586, sentì il dovere di celebrare la sua memoria, scrivendone nel 1587 una fortunata biografia - Historia della vita di Galeazzo Caracciolo, chiamato il signor Marchese, nella quale si contiene un raro e singolare esempio di costanza e perseveranza nella pietà e vasta religione -, che rimase un best-seller per oltre due secoli negli ambienti protestanti, soprattutto in Inghilterra e in America.

Più recentemente la figura del marchese di Vico ha ispirato il grande Benedetto Croce (1866-1952) a scrivere un capitolo del suo libro Vite d'avventure, di fede e di passione con il titolo Un calvinista italiano. Il marchese di Vico, Galeazzo Caracciolo, in cui Croce prese spunto dalla decisione del nobile napoletano di abbandonare tutto per andare in esilio in un'austera Ginevra, per vagliare la possibilità di una sua simile decisione in seguito alla salita al potere del Fascismo.