Claudio I, vescovo di Torino (m. ca. 840)

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Copertina del libro su Claudio di Torino del noto storico valdese Emilio Comba (1839-1904)

Uno dei grandi ispiratori della Chiesa Valdese sembra essere stato nella prima metà del IX secolo il vescovo Claudio I di Torino, la cui azione si inserì nella polemica iconoclasta in atto sia nell'Impero Romano d'Oriente, sia nel regno franco.

C. era nato in Spagna ed era stato discepolo di Felice di Urgel, uno dei promotori della polemica adozionista assieme a Elipando di Toledo, e fu nominato dall'imperatore Ludovico I il Pio (814-840) vescovo di Torino nel 817.

All'epoca le chiese della Lombardia (regione più grande dell'attuale, inglobando anche Liguria e Piemonte e parte dell'Emilia) seguivano il rito ambrosiano con un notevole livello d'autonomia da Roma: ad esempio il vescovo di Milano non era nominato dal Papa.

Grande era inoltre l'influenza della dottrina agostiniana, rigorosa e moralizzatrice. In tal senso, C. nel 824 prese la decisione di distruggere tutte le immagini e crocefissi nella sua diocesi, proibendo i pellegrinaggi, il ricorso all'intercessione dei santi, la venerazione delle reliquie e perfino l'uso delle candele accese in chiesa.

Per quest'atto iconoclasta, C. entrò in polemica con l'abate Teodomiro, contro cui scrisse il suo Apologeticum atque rescriptum Claudii episcopi adversus Theutmirum abbatem. Tuttavia Teodomiro e diversi vescovi del Sacro Romano Impero si riunirono in un sinodo a Parigi nel 825, e, pur cercando di trovare una formula di compromesso tra le posizioni iconoclastiche e le decisioni del II Concilio di Nicea del 787, condannarono l'operato di C., giudicato troppo estremistico. C. rimase comunque nella sua sede fino alla morte nel 840 ca.

Come si è detto, egli fu un riferimento storico per i Valdesi, che decisero di intitolare in suo onore la loro casa editrice, la Libreria Claudiana, per l'appunto.