Rosmini Serbati, Antonio (1797-1855)

Fare clic per visualizzare la foto

Francesco Hayez: Ritratto di Antonio Rosmini Serbati

Pinacoteca di Brera, Milano

La vita e le opere

Il filosofo e teologo cattolico Antonio Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati nacque a Rovereto, in Trentino (ai tempi parte dell'Impero austriaco), il 24 marzo 1797, secondogenito del patrizio Pier Modesto Rosmini Serbati e della contessa Giovanna Formenti di Riva. Nella città natale egli frequentò le scuole primarie ed il ginnasio, oltre a partecipare ad un biennio sotto la guida del prete concittadino Pietro Orsi. Nel 1816 R. s'iscrisse alla facoltà di teologia dell'università di Padova, dove si laureò nel 1822, l'anno successivo alla sua ordinazione a sacerdote, avvenuta il 21 aprile 1821 a Chioggia.

Nel 1823 R., in compagnia di monsignor János László Pyrker (1772-1847), patriarca di Venezia, si recò a Roma, dove incontrò il papa Pio VII (1800-1823), che lo esortò ad approfondire i suoi studi di filosofia, obiettivo che effettivamente R. perseguì nei tre anni successivi, concentrandosi soprattutto sulla teologia di San Tommaso d'Aquino (1225-1274), dapprima a Rovereto, e poi, dal 1826, a Milano, dove diventò amico di Alessandro Manzoni (1785-1873).

Nel frattempo, ricordandosi di un progetto relativo ad un'istituzione educativa, che qualche anno prima gli aveva proposto la Contessa (Santa) Maddalena di Canossa (1774-1835), R. scrisse sull'argomento Sull'unità dell'educazione nel 1826, mentre l'anno dopo incontrò il sacerdote tedesco, originario della Lorena, Johann Baptist Loewenthal. Il prete tedesco sarebbe diventato in seguito il suo fido collaboratore nel citato progetto educativo, denominato Istituto della Carità, che R., durante un ritiro sul Monte Calvario, sopra Domodossola, fondò nel 1828 scrivendone le Costituzioni: queste furono approvate da Papa Gregorio XVI (1831-1846) nel 1838, e nell'anno successivo l'Istituto, gestito dai Padri Rosminiani, si diffuse in Italia, Inghilterra e Stati Uniti.

Negli anni '30-'40 del XIX secolo, R. pubblicò le sue principali opere: Nuovo saggio sull'origine delle idee (1830), Principii della scienza morale (1831), Filosofia della morale (1837), Antropologia in servigio della scienza morale (1838), Trattato della coscienza morale (1839), Filosofia della politica (1839), Filosofia del diritto (1841-45) e Teodicea (1845). Di queste suscitò polemiche soprattutto il Trattato della coscienza morale: R. fu attaccato con il libello anonimo Alcune affermazioni del signor Antonio Rosmini, prete roveretano, con un saggio di Riflessioni scritte da Eusebio Cristiano, dietro il quale era celata un'accusa d'eresia, formulata da diversi scrittori gesuiti, coordinati dal Preposito Generale della Compagnia, l'olandese Jan Roothaan (1785-1853, ricoprì la carica dal 1829). Le polemiche si trascinarono avanti fino al 1843, quando Gregorio XVI impose il silenzio ad ambedue le parti in causa.

Nel 1846 salì al trono di Pietro Papa Pio IX (1846-1878), che diede a R. l'impressione di favorire le sue idee ed il suo operato, ma, due anni dopo, furono i noti eventi del 1848 ad acuire la crisi tra R. e le istituzioni religiose. Nello stesso anno fu pubblicato a Milano la sua Costituzione civile secondo la giustizia sociale, e a Lugano, in forma anonima, il suo scritto più radicale a favore di una profonda riforma della Chiesa Delle cinque piaghe della Santa Chiesa. Trattato dedicato al Clero Cattolico (in realtà composto nel 1832, ma rimasto inedito fino a quel momento). In agosto R. fu incaricato dal re di Sardegna, Carlo Alberto (1831-1849) di recarsi a Roma per cercare l'alleanza di Pio IX in chiave anti-austriaca. Fu il momento di massima popolarità per R., cui fu perfino offerto il cappello cardinalizio e fu fatto ventilare la possibilità di diventare Segretario di Stato dello Stato Pontificio. In novembre R. seguì il papa nell'esilio di Gaeta, ma i suoi avversari nella Curia romana misero in discussione l'ortodossia dei suoi ultimi due scritti (pubblicati nel 1848) e riuscirono, nel maggio 1849, a farli condannare dalla Congregazione dell'Indice: R. dovette firmare un atto di sottomissione, in seguito al quale si ritirò a Stresa (sul Lago Maggiore), dove visse fino alla sua morte.

Nel 1850 il papa fece riesaminare le rimanenti opere di R. dalla Congregazione dell'Indice, che nel 1854 emise un decreto, in cui l'opera omnia del prete di Rovereto era da dimettere (dimittatur opus), cioè che non conteneva nulla contro la fede cattolica ed i costumi e perciò che non meritava nessuna censura teologica. Su questa formula si accapigliarono oppositori e fautori di R., gli uni favorevoli all'interpretazione come se fosse stata un'implicita critica alle sue opere, gli altri come una sostanziale assoluzione. Comunque sia, a R. fu imposto, per l'ennesima volta, il silenzio, ma il filosofo non sopravvisse molto a questo decreto: il 1 luglio 1855 R. morì a Stresa, dove tuttora è sepolto nella Chiesa del Santissimo Crocefisso.

Il pensiero filosofico

Influenzato dal pensiero di Platone (427-347 a.C.), di Sant'Agostino (354-430) e di San Bonaventura (1217-1274), il punto basilare del pensiero gnoseologico di R. è l'innata idea dell'essere, che, diversamente da ciò che è reale, è l'idea dell'essere possibile.

L'idea dell'essere non viene né con l'esperienza, né con le sensazioni, né con ragionamenti intellettuali, ma è innata, immutabile, assoluta e intuitiva e quello che s'intuisce di essa è l'essenza dell'essere. Questo concetto è diverso sia dall'essere reale sia dal nulla, e in questo R. si differenzia dal pensiero di Georg W. F. Hegel (1770-1831). Infatti, l'idea dell'essere, secondo R., è la forma oggettiva e universale della ragione umana (denominata lume della ragione), impiantata da Dio nella mente degli uomini, dall'inizio della nostra esistenza.

Dio, a sua volta, è l'Ente infinito o l'Essere assoluto, e non coincide con il concetto generico di essere ideale (per questo possibile equivoco, R. fu attaccato dai suoi nemici con l'accusa di panteismo), che tutt'al più è un accessorio di Dio, poiché le sue caratteristiche non sono come quelle delle cose create.

Per quanto concerne l'anima, R. asseriva infine che essa era generata nell'atto creativo e che diventava spirituale quando Dio la illuminava e le mostrava l'idea dell'essere, che è il fondamento di tutta la vita intellettuale.