Saltini, Zeno (1900-1981) e Nomadelfia

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Zeno Saltini

I primi anni

Nato il 30 agosto 1900 a Fossoli di Carpi (in provincia di Modena), nono di dodici fratelli di una famiglia benestante molto pia (tre dei suoi fratelli decisero di diventare religiosi: degna di segnalazione è la sorella Maria Anna – “Mamma Nina” – fondatrice della “Casa Divina Provvidenza” per il recupero di prostitute e ragazze sbandate, e in odore di beatificazione), il sacerdote italiano Zeno Saltini dedicò la sua vita al recupero dei ragazzi senza famiglia.
All’età di 14 anni, S. abbandonò gli studi per lavorare nei poderi della famiglia come bracciante, ma di questa mancanza di cultura si pentì più tardi, quando, durante il servizio militare, perse miseramente a Firenze un contraddittorio sul Cristianesimo con un commilitone anarchico più acculturato di lui. Decise allora riprendere gli studi, dapprima sostenendo gli esami di maturità come privatista, poi iscrivendosi a Giurisprudenza e Teologia all’università di Modena, completando infine il corso all’Università Cattolica di Milano, dove nel 1929 si laureò in Giurisprudenza. In questo periodo S. frequentò don Giovanni Calabria (1873-1954), suo direttore spirituale, su consiglio del quale decise di farsi prete: dopo un anno di studi teologici, fu ordinato il 4 gennaio 1931.

I Piccoli Apostoli

Il 6 gennaio nel duomo di Carpi S. celebrò la sua prima messa, in occasione della quale egli “adottò” come figlio un diciassettenne di nome Danilo, il primo di una serie di ragazzi che egli raccolse nella parrocchia di San Giacomo Roncole (in provincia di Modena), dove era stato assegnato come viceparroco. Qui fondò l’Opera dei Piccoli Apostoli, dedita all’accoglimento di orfani di guerra e di bambini abbandonati. Nel 1941, in piena guerra, una giovane studentessa, Irene, gli si presentò e dichiarò la sua disponibilità a fare da mamma ai bambini più piccoli, prima di una serie di “mamme di vocazione”: donne (ma dal 1947 anche coppie), che volontariamente hanno aiutato S. nella sua opera. Nel 1943 anche sette sacerdoti aderirono al progetto, formando così l’Unione dei sacerdoti Piccoli Apostoli. Poco dopo, in seguito all’armistizio dell’otto settembre, S., essendo stato un noto anti-fascista, si rifugiò prudentemente nel Sud dell’Italia, mentre diversi “Piccoli Apostoli” entrarono nella Resistenza e otto di loro vi persero la vita.

Nomadelfia

A fine guerra, nel 1947 i Piccoli Apostoli occuparono l’ex campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, e il 14 febbraio dell’anno successivo S. varò una costituzione interna e l’Opera venne ribattezzata Nomadelfia (dal greco = Dove la fraternità è legge). Purtroppo, nonostante la cifra record di 1.180 membri, la comunità entrò in crisi pochi anni dopo a causa di diversi fattori: fallì, infatti, un esperimento di cooperativa agricola aumentando così i già difficili problemi economici della comunità, ma soprattutto S. si mise contro una vasta parte dell’establishment cattolico, lanciando accuse contro la Democrazia Cristiana, entrando in polemica con il gesuita Riccardo Lombardi (1908-1979) e proponendo nel 1950 un progetto politico, denominato Movimento della Fraternità Umana, di vago sapore comunista. L’unico che lo difese, ed anzi raccolse molti fondi presso la ricca borghesia milanese a favore di Nomadelfia, fu padre David Maria Turoldo. Le reazioni, invece, dalla gerarchia ecclesiastica non si fecero attendere: il Sant’Uffizio e diversi prelati, come il cardinale di Milano, Alfredo Ildefonso Schuster (1880-1954), deplorarono l’esperimento comunitario, nel 1951 il ministro degli Interni Mario Scelba ordinò la chiusura e lo sgombero forzato del campo di Fossoli da parte della polizia e il 5 febbraio 1952 allo stesso S. fu ordinato di lasciare Nomadelfia. Il sacerdote modenese, per stare vicino ai suoi “figli” (molti dei quali erano stati dispersi o mandati in istituti), chiese nel 1953 ed ottenne la riduzione allo stato laico, che fu concessa pro gratia da Papa Pio XII (1939-1958). I rimanenti 400 nomadelfi si erano, infatti, trasferiti vicino a Grosseto, in una tenuta donata dalla contessa Maria Giovanna Albertoni Pirelli (1915-1970).

Gli ultimi anni

Nel 1957 S. chiese di poter tornare ad esercitare come sacerdote, ma ciò gli sarebbe stato concesso solo dal papa successivo, Giovanni XXIII (1958-1963) nel 1962, anno in cui la comunità cambiò il suo status in parrocchia.
Gli ultimi anni vedono per S. ed i nomadelfi una serie di riabilitazioni e riconoscimenti dalle autorità laiche e religiose: nel 1968 essi possono legalmente educare i figli nella propria scuola interna, nel 1980 vengono accolti a Castelgandolfo da Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) (il quale visiterà Nomadelfia nel 1989), il 6 gennaio 1981 S. celebra il 50° della sua ordinazione sacerdotale, alla presenza del segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli (1914-1998). Sarà il suo canto del cigno: solo nove giorni dopo, il 15 gennaio, S. muore a Grosseto per un infarto.