Segalelli (o Segarelli o Sagarelli o Cicarelli), Gherardo (o Gherardino) (m. 1300) e apostolici

La vita

Gherardo Segalelli nacque a Segalara, vicino a Ozzano Taro (Parma) nel 1240 circa. Era un uomo di bassa estrazione sociale: nel 1260, l'anno delle flagellazioni di massa, che lo lasciarono profondamente colpito, S. chiese di essere ammesso al convento dei Frati Minori di Parma, ma ne fu respinto.

Decise allora di seguire autonomamente una propria strada di povertà francescana: vendette i suoi averi, donando il ricavato ai poveri e si lasciò crescere barba e capelli e si vestì con una tunica grezza, un mantello bianco e dei sandali. A questo punto, egli iniziò una vita di rinunce ad ogni possesso e di predicazione del messaggio evangelico. Ebbe un notevole successo particolarmente tra la popolazione più umile, non solo a Parma, ma in tutta l'Emilia Romagna e oltre, e i suoi seguaci, i fratres et sorores apostolicae vitae o semplicemente apostolici o "minimi" (come definivano se stessi per distinguersi dai Minori), diventarono molto più popolari degli stessi predicatori francescani.

Tutto ciò allarmò la Chiesa ufficiale e il Papa, Gregorio X (1271-1276), stabilì, nel 1274 al II Concilio di Lione, la proibizione di fondare nuovi movimenti religiosi mendicanti e l'obbligo per quelli esistenti di confluire in organizzazioni ufficialmente approvate dal clero. Poiché gli apostolici non si adeguarono a queste direttive, furono condannati per due volte: nel 1286 con la bolla papale Olim felicis recordationis e nel 1287 con il Concilio di Würzburg, ambedue voluti da Papa Onorio IV (1285-1287), preoccupato per il diffondersi della setta. In seguito a questa ultima condanna S. fu imprigionato a Parma, ma fu successivamente rilasciato dal vescovo parmense Obizzo Sanvitali, segreto ammiratore di S. e degli apostolici. Secondo il cronista d'epoca Fra Salimbene de Adam, questo perché il vescovo si divertiva con S. come se egli fosse stato il suo sciocco giullare di palazzo, ma questa versione dei fatti è sicuramente una forzatura propagandistica, visto l'atteggiamento molto ostile e prevenuto che Salimbene ebbe nel descrivere il movimento degli apostolici.

Anche il successore di Onorio IV, Papa Niccolò IV (1288-1292) rinnovò nel 1290 la condanna della setta, ma solo nel 1294 il S. fu nuovamente messo in prigione, da cui comunque riuscì a fuggire poco dopo.

Tuttavia, sei anni dopo, con a Roma un Papa, Bonifacio VIII (1294-1303), non certo tenero con i predicatori "irregolari" e senza la protezione di Obizzo diventato nel frattempo vescovo di Ravenna, S. fu catturato, processato dall'inquisitore Manfredo da Parma e bruciato sul rogo a Parma il 18 Luglio 1300.

La dottrina

A dir la verità, il movimento degli apostolici non aveva una vera e propria dottrina: essi non predicavano una nuova interpretazione del Vangelo come i valdesi, non contestavano il clero corrotto come i patarini, non erano eretici dualisti come i catari. Il loro principale riferimento evangelico era il brano degli Atti degli Apostoli (2,44-45): E tutti quelli che avevano creduto stavano insieme e avevano tutto in comune. Vendevano poi le proprietà e i beni e ne distribuivano il ricavato a tutti, secondo che ognuno ne aveva bisogno.

Gli apostolici conducevano quindi una vita semplice fatta di digiuni e preghiere, spesso lavorando per guadagnare il cibo, altrimenti vivendo di carità, e predicando con frequenti richiami al pentimento. Infatti il loro motto era Penitentiam agite (fate penitenza), corrotto poi in Penitençagite! Essi non avevano neppure un vero capo perché S. si rifiutò sempre di rivestire questo ruolo nel movimento, permettendo così anche l'avvento di nuovi capi auto-proclamatisi, come Matteo d'Ancona e Guido Putagio, che portarono scompiglio e divisioni interne al movimento.

Quello che scandalizzò però la Chiesa era, per una società cattolica abbastanza angosciata e ossessionata dal peccato del sesso, che il movimento degli apostolici fosse formato sia da donne che da uomini, i quali non davano alcun valore alla castità (come i Fratelli del Libero Spirito), che la cerimonia di accettazione di nuovi seguaci (donne e uomini) prevedesse che si spogliassero nudi in pubblico (ma lo aveva fatto anche San Francesco!), perché essi dovevano seguire nudi il Cristo nudo. E, a parte il non aver ottemperato alle disposizioni del II Concilio di Lione in tema di nuovi movimenti religiosi, fu solo sulla base di accuse, spesso fantasiose, di fornicazione, oscenità, sodomia e quant'altro che gli apostolici furono perseguitati.

Gli apostolici dopo la morte del fondatore

La setta degli apostolici fu duramente perseguitata come il suo fondatore: già nel 1294 furono bruciati a Parma i primi quattro apostolici e nei processi del 1299 si cercò di reprimere nel sangue questo movimento che tanto scandalizzava la Chiesa. Tuttavia da quel momento di grande difficoltà per gli apostolici uscì quel leader, Fra Dolcino da Novara, che fece fare un salto di qualità al movimento e tenne in scacco per sette anni le forze avversarie messe in campo durante una vera e propria crociata, indetta dal Papa Clemente V (1305-1314).

Morto Dolcino nel 1307, si registrarono ancora apparizioni episodiche degli apostolici: nel XIV secolo ne furono bruciati sul rogo 22 adepti e le dottrine degli apostolici furono citate più volte nel vari concili dell'epoca, di cui l'ultima risalì al Concilio di Narbona del 1374. Nel 1402 fu infine arso sul rogo a Lubecca (in Germania) apparentemente l'ultimo seguace di S., un certo Guglielmo, che si proclamava fratello apostolico e vestiva con un saio bianco.