Predestinazione, polemiche calviniste sulla (inizio XVII secolo)

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Stampa raffigurante il concilio di Dort (o Dordrecht)

All'inizio del XVII secolo si sviluppò, nell'interno della chiesa calvinista, un acceso dibattito sulla teoria della predestinazione, sviluppata da Giovanni Calvino. In pratica si confrontarono quattro scuole di pensiero: il supralapsarianismo, l'infralapsarianismo, l'amyraldismo e l'arminianismo.

Supralapsarianismo

Il supralapsarianismo, o antelapsarianismo, pensiero minoritario nella galassia calvinista ma preferito (con varie sfumature) da Theodore di Béze, Gisbertus Voetius e Franz Gomar, era la forma estrema della dottrina di Calvino sulla predestinazione, in cui si credeva che Dio avesse deciso la salvezza o la dannazione degli individui prima ancora della caduta di Adamo. Il decreto di predestinazione (cioè il fine) era avvenuto prima (supra) del decreto della creazione e il decreto che aveva permesso la caduta (lapsus) era il mezzo necessario per ottenere il suddetto fine.

Infralapsarianismo

L'infralapsarianismo, o sublapsarianismo o post-lapsarianismo, dottrina dominante del calvinismo e secondo alcuni autori la forma preferita da Calvino stesso (tuttavia altri propendono che il ginevrino fosse supralapsariano), teorizzava invece che, solo dopo la caduta dell'uomo, Dio avesse deciso chi doveva salvarsi e chi no. Egli quindi, quando aveva operato la Sua scelta, già poteva contemplare i non eletti come dannati, coloro che poi si sarebbero persi per i loro peccati. Nelle principali confessioni di fede delle chiese riformate è solitamente ribadita questa forma dottrinale o, perlomeno, non vengono prese posizioni nette a favore dell'una o dell'altra tesi.

Amyraldismo

L'amyraldismo, dottrina sviluppata dal teologo calvinista francese Moise Amyraut, e contrastata da Francesco Turrettini, si basa su un complesso concetto denominato universalismo ipotetico o condizionale: la volontà, cioè, di Dio di salvare tutti a condizione che essi credano. Implicita in questa volontà è l'affermazione che, se una persona non crede, allora Dio non vuole, in pratica, la sua salvezza. In altre parole senza la condizione della fede, la salvezza procurata dall'espiazione di Cristo non è disponibile.

A. infatti ipotizzava che erano stati stillati tre patti tra Dio e l'uomo: il patto della Natura con Adamo, che richiedeva l'obbedienza alla legge implicita nella Natura; il patto della Legge con Israele, che richiedeva l'obbedienza alla legge scritta; il patto con la Grazia di Dio, che constava di: a) una parte condizionata tra Dio e tutta l'umanità basata sulla grazia universale, e b) una parte non condizionata tra Dio e gli eletti basata sulla grazia speciale.

Quindi, rispetto all'infralapsarianismo, l'a. prevede che Dio provveda alla salvezza di tutti, ma il problema è che non tutti possono rispondere alla chiamata a causa del potente effetto corruttore del peccato.

L'universalismo era dunque ipotetico o ideale, mentre il particolarismo nel discriminare gli eletti era reale e il risultato pratico finale dell'amyraldismo diventava simile alle altre dottrine calviniste: la fede diventava una concessione che Dio faceva solamente agli eletti, cioè a quelli destinati alla salvezza.

Arminianismo

Nettamente diversa, quindi, dalle altre dottrine calviniste, l'arminianismo credeva che Dio avesse dato all'uomo la libera scelta di accettarLo o di rifiutarLo. Quindi dopo la caduta dell'uomo, Dio aveva provveduto per la salvezza di tutti: egli aveva deciso di chiamare a sé, ma solo chi credeva avrebbe potuto salvarsi, attraverso i meriti dell'azione di Cristo e per mezzo della Grazia dello Spirito Santo.

Infatti, da una parte, Cristo era morto per tutti, ma solo i credenti potevano avere la remissione dei peccati, mentre dall'altra era necessaria la mediazione della Grazia dello Spirito Santo, senza la quale non era possibile per l'uomo capire, volere e compiere il bene. Quindi tutte le buone azioni dell'uomo dovevano essere riferite alla Grazia, che però non era irresistibile: era sempre possibile per il credente perderla.

I seguaci di Arminio, detti rimostranti per il tono con cui proposero nel 1610 la loro dottrina agli Stati Generali olandesi, furono perseguitati e le dottrine dell'a. condannate dal concilio di Dort (Dordrecht) del 1618-19. Contro l'a., infatti, al suddetto concilio furono elaborati i seguenti cinque punti del calvinismo, denominati Canone di Dort e noti, nella letteratura anglosassone, con l'acronimo di TULIP (tulipano), ottenuto con la lettera iniziale (in inglese) di ogni punto:

  • Depravazione totale (l'uomo caduto in peccato non era assolutamente in grado di salvarsi).

  • Elezione non condizionata (la volontà di Dio di salvare gli eletti non poteva essere assolutamente condizionata dall'uomo).

  • Espiazione limitata (l'espiazione attraverso la morte di Cristo era sufficiente a salvare tutti gli uomini, ma efficace solo per gli eletti)

  • Grazia irresistibile (gli eletti non potevano resistere al dono della grazia, dato dallo Spirito Santo).

  • Perseveranza dei santi (coloro che sono stati rigenerati e giustificati persevereranno nella fede).