Michele Berti da Calci (m. 1389)   

Dopo la morte del loro fondatore, Angelo Clareno da Cingoli nel 1337, i fraticelli diventarono alquanto influenti in varie città, tra cui Firenze, dove tentarono più volte, ma inutilmente, di sfidare in un pubblico dibattito i teologi della Chiesa. Anzi questi ultimi nel 1378 emanarono un editto contro i fraticelli, facendoli espellere nel 1381.

Il tutto creò un clima di sospetti e di persecuzione per anni nella città, e questo culminò nel 1389 con l'episodio del martirio di Fra Michele Berti da Calci.

Egli era un frate minore, originario di Calci, vicino a Pisa, arrestato assieme ad un confratello, su ordine dall'arcivescovo (francescano!) della città, Bartolomeo Uliari (arcivescovo: 1385-1389), il 20 Aprile 1389, mentre stava per lasciare la città, dove era giunto da Ancona nel gennaio dello stesso anno per predicare in segreto.

Egli fu interrogato per 10 giorni e per tutto il periodo continuò coraggiosamente a dichiarare:

  • che il Papa Giovanni XXII (1316-1334) era stato un eretico,

  • che Giovanni e i suoi successori non avevano quindi il diritto di essere nominati papi, e

  • che similmente tutti i preti, che li sostenessero, non potevano avere più l'autorità di poter assolvere.

Il 30 giugno 1389 il capitano del popolo, Niccolò Gentile da Monterano pronunciò la sentenza di morte sul rogo. Condotto al luogo dell'esecuzione, M. fu esortato dai cittadini fiorentini a riconoscere l'autorità del Papa e così avere salva la vita, ma egli rimase saldo nelle sue convinzioni e, cantando il Te Deum, salì sul rogo.