Buccella, Niccolò (m. 1599)

La vita

Niccolò Buccella nacque a Padova da una famiglia borghese (suo padre era libraio e fornitore dell'università patavina) e poté, unico della famiglia, studiare medicina all'università, diventando in seguito un medico di prestigio.

Da giovane egli aderì, assieme ai fratelli Girolamo e Gian Battista, all'anabattismo, in seguito al quale viaggiò nel 1557 ad Austerlitz, in Moravia, presso le Seminaria veritatis, comunità di antitrinitari italiani fondati da Niccolò Paruta e visitando le comunità hutterite, presso le quali fu ribattezzato dal vescovo Leonard Lanzenstiel. Nel 1559 egli fece un secondo viaggio in Moravia, dalla quale si recò, nel 1560-61, a Ginevra per riportare i nipoti, orfani di madre, indietro a Padova.

Ritornato quindi in patria, B. fece proselitismo presso i ceti più umili della popolazione locale, ma il 27 agosto 1562, in procinto di intraprendere un ulteriore viaggio in Moravia, fu arrestato a Capodistria e subì un processo da parte delle autorità della Serenissima. Dopo due anni di detenzione nelle carceri veneziane, il 27 marzo 1564 abiurò, tentando, senza successo, di indurre ad una simile azione, i suoi confratelli Francesco Della Sega e Antonio Rizzetto.

Nei 9 anni successivi (1564-1573), coprendo il suo credo religioso mediante un accurato e rigoroso nicodemismo, B. si dedicò totalmente alla sua attività di medico e chirurgo, tuttavia si attirò dapprima le critiche e successivamente perfino una scomunica, a causa degli esperimenti di sezionamento dei cadaveri, compiuti privatamente (in casa sua) e senza le necessarie autorizzazioni.

Fuggì, quindi, in Transilvania, su invito di Giorgio Biandrata e, grazie alla sua fama di valente medico, fu assunto dal voivoda Istvàn (Stefano) Bàthory nel luglio 1574 allo stipendio di 600 talleri l'anno. Nel 1575 B. seguì Bàthory in Polonia quando quest'ultimo ne diventò il re (1576-1586). In Polonia, B. accumulò una notevole fortuna economica: organizzò il trasporto del sale in Lituania, impiantò una fabbrica di carta in Livonia, praticò il prestito ad interesse e poté perfino comprarsi una tenuta reale in Volinia. Fece anche venire ad abitare con lui il nipote Filippo, figlio di uno dei suoi fratelli (probabilmente Girolamo).

Dovette tuttavia difendere il suo status acquisito in momenti difficili, come durante la polemica con Fabiano Nifo, con il quale ebbe un dissenso sui suoi metodi terapeutici e di più ancora con l'altro medico di corte, Simone Simoni, che era stato raccomandato al re da Andrea Dudith Sbardellati. Infatti il Simoni, astioso e invidioso del successo di B., non esitò a formulare la gravissima accusa della responsabilità del B. per la morte del re Stefano Bàthory nel 1586. La polemica tra i due investì anche la sfera religiosa, con risse verbali e reciproche accuse, alle quali partecipò anche Marcello Squarcialupi, amico del B., e solo l'intervento del nuovo re Sigismondo III Vasa (1587-1632) prosciolse B. dalle accuse: il sovrano lo nominò inoltre suo medico personale, elevandolo successivamente perfino ad un titolo nobiliare. Al Simoni, sconfitto su tutta la linea, non rimase altro che riparare in Moravia.

Il B., per il resto della sua vita, si adoperò a favore di tutti gli eretici perseguitati e, in particolare, degli esuli italiani, come Giovanni Paolo Alciati della Motta, Giovanni Bernardino Bonifacio, marchese d'Oria (che ospitò nel 1584), o Fausto Sozzini, di cui diventò amico fraterno e che nominò come uno dei suoi eredi.

Morì nel 1599.

La dottrina

E' molto difficile definire la dottrina del B., alquanto individualista, razionalistica (gli argomenti razionali erano le uniche armi valide contro gli eretici) ed estranea ad ogni dogma religioso. Era convinto che era necessario vivere secondo coscienza, interpretando il Vecchio ed il Nuovo Testamento a modo proprio, come ebbe a rilevare uno dei grandi avversari dei riformatori italiani esuli in Polonia, il cardinale Alberto Bolognetti (1538-1585), nunzio apostolico in Polonia dal 1581 al 1585, con il quale, seppur da due posizioni ideologiche diverse, B. mantenne un rapporto di reciproca stima.