Della Sega (o Sega), Francesco (1528-1565)

Francesco Della Sega (o Sega), soprannominato Fraosto, nacque a Rovigo nel 1528 (altre fonti citano il 1532) da una famiglia benestante e ricevette anche una buona educazione, frequentando la facoltà di legge all'università di Padova. Nel suo memoriale per l'Inquisizione, raccontò che a Padova venne convertito in seguito all'anabattismo da un calzolaio e ribattezzato a Porcia, in provincia di Pordenone. Lasciò gli studi per esercitare il mestiere di sarto e questa decisione, oltre a quella religiosa, fece sì che il padre lo scacciasse di casa. In seguito partecipò, nel 1546, ai Collegia Vicentina, primo incontro di anabattisti e antitrinitariani veneti.

Nel 1557, in seguito ai processi nel Veneto contro gli anabattisti (scaturiti dalle confessioni di Pietro Manelfi) D. fuggì con Giulio Gherlandi e Niccolò Buccella in Moravia, entrando in una comunità hutterita a Pausram, vicino all'odierna cittadina di Strachotin.

Nel 1561 fu eletto ministro di culto hutterita e nell'anno successivo ritornò a Rovigo per ritirare la sua eredità e per fare proselitismo, ma il 27 agosto 1562 fu catturato a Capodistria, insieme a Antonio Rizzetto e al Buccella, mentre stava facendo ritorno in Moravia, e fu rinchiuso nel carcere veneziano di San Giovanni Battista in Bragora. Subì un lungo processo, ma riuscì nel frattempo ad inviare diverse lettere ai suoi confratelli in Moravia. Scrisse ai giudici durante il suo processo un memoriale, dal titolo Lettera alli magnifici e clarissimi signori e iudici sopra le cose della fede e conscienza, e fu anche torturato per farlo abiurare, ed in seguito condannato alla pena capitale.

All'inizio del febbraio 1565 egli fu visitato dal capitano del carcere, Chiaromonte, che cercò di fare un ultimo tentativo per indurlo ad abiurare: un suo momentaneo tentennamento di fronte agli inquisitori, al contrario del confratello Rizzetto, gli permise una sospensione temporanea dell'esecuzione capitale, ma, ritornando poi nella convinzione della propria fede, D. fu giustiziato per annegamento nel Canale dell'Orfano (nella laguna veneta) il 26 febbraio 1565.