Cibo (o Cybo), Caterina, duchessa di Camerino (1501-1577)

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La duchessa Caterina Cybo

 

Introduzione

Nei circoli evangelici di Juan de Valdés, intorno al 1540, furono sempre molte attive diverse nobildonne, tra cui Vittoria Colonna, Giulia Gonzaga, Isabella Bresegna (moglie di don Garcia Manrique, governatore di Piacenza) (ca. 1510-1567) e Caterina Cibo (o Cybo), moglie di Giovanni Maria da Varano, duca di Camerino.

Caterina Cibo (o Cybo) nacque il 13 settembre 1501 a Ponzano, vicino a Firenze, quartogenita di Franceschetto Cybo, Conte Palatino del Laterano e di Ferentillo, Signore di Anguillara e Cerveteri (1449-1519), e di Maddalena de' Medici (1473-1519), e quindi nipote del famoso nonno Lorenzo il Magnifico (duca: 1469-1492) e dell'altrettanto noto zio, Giovanni Medici, poi Papa Leone X (papa: 1513-1521).

Il ducato di Camerino nel XVI secolo

Nel XVI secolo, nel breve volgere di 43 anni, la minuscola signoria di Camerino ha avuto una storia molto tormentata: nel 1502 era stata conquistata da Cesare Borgia (1474-1507), il famoso Valentino, che aveva fatto strangolare in carcere il Signore Giulio Cesare da Varano (1434-1502) e i suoi figli maschi Annibale, Venanzio e Pirro. Si era salvato solo l'ultimogenito Giovanni Maria da Varano (1481-1527), che, nel 1503 [alla morte del papa Alessandro VI (1492-1503), padre e protettore di Cesare Borgia] poté rientrare in possesso delle sue terre.

Nel 1520 Caterina Cibo si sposò con Giovanni Maria da Varano, che dal matrimonio ottenne enormi vantaggi, tra cui l'elevazione a ducato degli antichi possedimenti e la trasmissibilità in via ereditaria del relativo titolo. Purtroppo Giovanni Maria morì di peste nel 1527 e, nonostante una momentanea invasione, poi respinta, del ducato da parte dei soldati del capitano di ventura Sciarra Colonna (m. 1545), la vedova dovette impegnarsi nel difficile compito di governare il ducato fino al 1534, come reggente dell'unica figlia minorenne Giulia da Varano (1524-1547).

In quell'anno C. passò il comando al genero Guidobaldo II della Rovere (1514-1574), duca di Urbino, che unì i due possedimenti fino al 1539, anno in cui, dietro risarcimento di 78 mila ducati d'oro, convinse la moglie Giulia a rinunciare ai suoi diritti sul Ducato di Camerino, a favore di Ottavio Farnese (1524-1586), nipote di Paolo III (papa:1534-1549): il Farnese, a sua volta, lo tenne fino al 1545, passandolo definitivamente allo Stato della Chiesa, a fronte dell'acquisizione del ducato di Parma, Piacenza e Guastalla.

C. e la nascita dell'ordine dei cappuccini

Nel 1525 un frate marchigiano, fra Matteo da Bascio (m. 1552), in seguito ad una visione di San Francesco, decise di osservare la regola francescana in modo più radicale, dando luogo alla riforma cappuccina. Fece modificare l'abito dei frati minori, si recò a Roma ed ottenne dal Papa Clemente VII (1523-1534) di osservare la nuova regola e di poter vestire l'abito che aveva modificato. Ma ci furono molti ostacoli e resistenze all'interno della Chiesa, finché nel 1528 i fratelli Ludovico e Raffaele Tenaglia da Fossombrone chiesero un deciso intervento della duchessa di Camerino presso il prozio di lei, Giuliano de' Medici, proprio il papa Clemente VII.

Con la bolla Religionis zelus del 3 luglio 1528, Clemente VII accettò il nuovo ordine, denominato Ordine dei Frati Minori Cappuccini, il quale ebbe un tale successo che dovette essere ristrutturato, dividendosi in province, come l'originale Ordine dei Frati Minori. Nel 1534, entrò nell'ordine il francescano senese Bernardino Tommassini, detto Ochino, che assurse ai massimi livelli, diventandone vicario generale nel 1538, e che fu molto ammirato dalla stessa C.

C. valdesiana

Dal 1535, dopo aver ceduto il ducato al genero Guidobaldo II della Rovere, C. decise di trasferirsi a Firenze, dove iniziò a frequentare gli ambienti evangelici, ispirati a Juan de Valdés. Qui conobbe Pietro Carnesecchi e Marcantonio Flaminio, con il quale ebbe nel 1541 diversi incontri e conversazioni sulla giustificazione per fede: Flaminio le scrisse anche due lettere, da cui si evince una perfetta identità di vedute spirituali. Inoltre le fu dedicato un sonetto (Donna, che, come chiaro a ciascun mostra ) di Benedetto Varchi del 1547/48, che esaltava Valdés, Vittoria Colonna e Pietro Bembo come cercatori fortunati sulla strada della salvezza eterna dell'anima.

Nel 1541 Ochino, che da tempo frequentava i circoli evangelisti, uscì allo scoperto con una vigorosa predica a Venezia, contenente un'appassionata difesa di Giulio della Rovere ("un predicatore del puro evangelio"), arrestato durante la Quaresima dello stesso anno. Egli fu convocato a Roma dall'inquisizione di Papa Paolo III, ma nell'estate 1542, dopo una breve sosta a casa di C., dove gettò il saio, si rifugiò in Svizzera, dapprima a Morbegno, poi a Ginevra.

Negli anni successivi, dopo questa clamorosa fuga di Ochino e la crescente repressione degli evangelici italiani, la C. mantenne uno stretto atteggiamento nicodemitico, per esempio rinunciò a raccogliere intorno a sé un circolo di ispirazione valdesiana, tant'è che tuttora rimane incerta la definizione della sua fede religiosa: si ipotizza che avesse aderito al calvinismo.

C. morì nel 1577.