Jacopone da Todi (c. 1230-1306)

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Jacopone da Todi in una xilografia del 1490

 

La vita

Jacopo Benedetti nacque a Todi nel 1230 ca. da famiglia nobile e studiò legge a Bologna. Ritornato a Todi, esercitò la professione di procuratore e nel 1267 sposò una nobildonna, Vanna di Guidone, figlia, secondo alcune fonti, di Bernardino, Conte di Collemedio o Colledimezzo. La moglie ebbe un anno dopo, durante una tragica circostanza, un'influenza decisiva sulle decisioni spirituali di J. Infatti nel 1268, mentre assisteva ad una festa dall'alto di una tribuna provvisoria, Vanna morì per il crollo della stessa. J., accorso affranto presso la consorte morente, scoprì che sotto le vesti, essa portava un tessuto di crine, in segno di penitenza per i peccati del marito.

J. rimase sconvolto da questa scoperta e decise di abbandonare la sua professione e di vendere i suoi beni. Per i successivi 10 anni visse secondo le usanze dei terziari francescani e, vestito con un saio, compì delle frequenti penitenze pubbliche sull'orlo della follia mistica, diventando lo zimbello dei ragazzi di Todi e guadagnandosi il soprannome spregiativo di Jacopone.

Nel 1278, dopo qualche esitazione egli fu accettato nell'ordine francescano, e si ritirò nel convento di San Fortunato a Todi. Tuttavia, neppure qui ottenne la pace, poiché i suoi confratelli parteggiavano per la corrente dei francescani conventuali, interessati ad un ammorbidimento della dura Regola francescana, mentre le simpatie di J. andavano per l'altra corrente, quella degli spirituali, che volevano mantenere lo spirito di povertà e di rinuncia ai beni dell'originario spirito francescano e che furono sempre più perseguitati dalla Chiesa.

Nel 1294 J. fu tra gli spirituali, capeggiati da Angelo Clareno da Cingoli, che chiesero ed ottennero da Papa Celestino V (1294) di poter vivere isolati per praticare l'ascetismo in maniera più incisiva. Tuttavia la situazione cambiò radicalmente con il successore Papa Bonifacio VIII (1294-1303), che annullò e perseguitò gli spirituali. A questo si aggiunse la malaugurata decisione di J. di schierarsi a fianco dei due cardinali, Jacopo e suo nipote Pietro, membri di quella famiglia Colonna, oppositrice dei modi e dei metodi, utilizzati da Benedetto Caetani per accedere al soglio pontificio come Bonifacio VIII, dopo il "gran rifiuto" di Celestino V.

In particolare essi appesero in tutte le chiese di Roma, il 10 maggio 1297. un manifesto, detto di Longhezza, compilato da J. in persona, che chiedeva la convocazione di un nuovo concilio e denunciava le malefatte di Bonifacio, dichiarato decaduto. Lo stesso J. prese ad attaccare Bonifacio nei suoi versi con una notevole violenza. Il Papa non fece attendere la sua risposta: scomunicò sia i due cardinali sia J. e nel Settembre del 1298 fece espugnare dalle sue truppe la roccaforte della famiglia Colonna, la città di Palestrina.

J. fu catturato e imprigionato nella rocca della città dove rimase per ben cinque anni, non potendo usufruire neppure di un perdono in occasione del giubileo del 1300. Infatti solo dopo la morte di Bonifacio, nel 1303, J. fu liberato e si ritirò nel monastero delle Clarisse di San Lorenzo di Collazzone, dove morì la notte di Natale del 1306.

Egli viene comunemente definito Beato, sebbene un vero proprio processo di beatificazione a suo carico non è mai stato iniziato.

Le opere

J. è famoso per le sue (circa) 100 laudi (ballate di argomento sacro) in volgare e per la probabile attribuzione a lui degli inni in latino: Stabat Mater Dolorosa e Stabat Mater Speciosa.