Laberthonnière, Lucien (1860-1932)

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Copertina del libro Le réalisme chrétien et l’idéalisme grec di Laberthonnière

La vita

Il filosofo e teologo francese Lucien Laberthonnière nacque il 5 ottobre 1860 da una modesta famiglia nel piccolo villaggio di Chazelet (nel dipartimento dell’Indre). Dal 1873 al 1880 compì i suoi studi nel seminario di Saint-Gaultier, proseguiti nei cinque anni successivi nel seminario di Bourges. Nel 1886 egli fu ordinato sacerdote e nell’autunno dello stesso anno entrò nell’ordine degli oratoriani, dedicandosi all’insegnamento. Nel 1892 L. s’iscrisse alla facoltà di filosofia alla Sorbona di Parigi e in questo periodo, egli divenne amico di Maurice Blondel, dopo la lettura della famosa tesi L’Action (L’azione), scritta da quest’ultimo e discussa nel 1893.
Dopo il 1902 crebbe l’impegno di L. in senso modernista: intervenne, infatti, assieme a Blondel in difesa del teologo Alfred Loisy, censurato per il suo lavoro L'Evangile et l'Eglise (Il Vangelo e la Chiesa), nel 1903-1904 pubblicò due saggi Essais de philosophie religieuse (Saggi di filosofia religiosa) e Le réalisme chrétien et l’idéalisme grec (Il realismo cristiano e l’idealismo greco), e fondò la rivista Annales de philosophie chrétienne (Annali di filosofia cristiana), punto di riferimento per il movimento modernista francese.
Nel 1907 la dura reazione della Chiesa Cattolica: Papa Pio X (1903-1914) fece pubblicare, il 3 luglio, il decreto Lamentabili Sane, una condanna di 65 proposizioni eretiche del modernismo, ed il 8 settembre, l’enciclica Pascendi dominici gregis, dove il pontefice definì il modernismo come sintesi di tutte le eresie.
Entro pochi anni, le opere di L. furono messe all’indice, e nel 1913 l’oratoriano fu condannato alla proibizione di pubblicare alcunché: furono immediatamente sospese le pubblicazioni degli Annales de philosophie chrétienne. Lo stesso L. soffrì in seguito di un crescente isolamento, e perfino l’amico fraterno Blondel prese le distanze, dopo un sodalizio durato quasi 30 anni.
L. morì a Parigi il 6 ottobre 1932.

Il pensiero

Sotto l’influenza della filosofia dell’azione di Blondel, L. elaborò una sua filosofia dell’immanenza: le verità religiose e soprannaturali devono essere vissute come un’esperienza di vita. La fede quindi non è una sottomissione ad un’autorità esteriore, ma uno stato di bontà, in cui la grazia divina permette all’uomo di aspirare ad una vita divina (un concetto precursore del movimento pentecostale e carismatico). Il disegno, invece, della gerarchia ecclesiastica era di idolatrare le verità dogmatiche (che peraltro non vengono contestate dettagliatamente dal filosofo), a scapito della carità e bontà cristiana.
Egli attaccò, inoltre, la filosofia greca, denunciando l’influenza nociva che questa aveva esercitato sul pensiero cristiano medioevale, in particolare sul tomismo. Il suo dito accusatore puntò quindi contro l’aristotelismo, che prevedeva la figura di un Dio egoista, astratto, impersonale, statico, ben diverso, a suo dire, dal concetto del Dio cristiano (dinamico, creatore, pietoso, amabile ecc).