Schleiermacher, Friedrich Ernst Daniel (1768-1834)

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Friedrich Ernst Daniel Schleiermacher

 

La vita

Il filosofo e teologo Friedrich Ernst Daniel Schleiermacher nacque il 21 novembre 1768 a Breslavia da un cappellano militare prussiano di religione riformata e fu dapprima educato alla scuola morava a Niesky, nella Lusazia superiore, poi a Barby, vicino a Halle. Tuttavia in seguito S. abbandonò la teologia morava per iscriversi all'università di Halle, dove la corrente illuminista e razionalistica di Johann Salomo Semler era subentrata a quella pietista. A Halle S. seguì i corsi, per l'appunto, di Semler e del filosofo Johann Augustus Eberhard (1739-1809), da cui prese la passione per il pensiero platonico, ma s'impegnò anche nello studio degli scritti di Immanuel Kant (1724-1804) e di Friedrich Heinrich Jacobi (1743-1819).

Alla fine del corso di studi e dopo due anni come istitutore privato, S. divenne cappellano a Berlino, ma non esercitando l'attività di predicatore, gli rimaneva ampio tempo per perseguire i suoi studi filosofici, ma anche di accostarsi, rimanendone influenzato, alle idee del Romanticismo, propagandate dall'amico, il critico e filosofo Friedrich von Schlegel (1772-1829), co-fondatore (nel 1798) del cenacolo Athenaeum di Jena. Con Schlegel, S. concepì una grandiosa opera, la traduzione dell'Opera Omnia di Platone in tedesco, che egli proseguì da solo dal 1802 al 1804, quando diventò pastore della cittadina di Stolpe, nella Pomerania.

Nel 1804 S. fu nominato professore di teologia a Halle e vi rimase fino al 1807, nonostante le accuse di ateismo, panteismo, pietismo e spinozismo. Nel 1807, dopo le vicissitudini locali scaturite dalle guerre napoleoniche (in seguito culminate nella battaglia di Lipsia dell'ottobre 1813), S. si trasferì a Berlino, dove, dopo un periodo di tre anni come pastore della Dreifaltigkeits Kirche (Chiesa della Trinità), egli fu nominato professore in teologia nella neonata università locale, del quale divenne rettore nel 1818, e segretario dell'Accademia delle Scienze.

Nella sua lunga carriera universitaria (24 anni, interrotti solo dalla sua morte), S. tenne dotte conferenze spaziando su ogni possibile settore della filosofia e teologia, come, ad esempio, l'esegesi neotestamentaria, l'etica, la storia della Chiesa, la psicologia, la dialettica, la politica, la pedagogia e l'estetica. Inoltre egli divenne notissimo ai suoi compatrioti, non solo per l'importanza del suo pensiero filosofico, ma anche per il carattere molto socievole, lo spirito patriottico, e per il suo impegno nella riorganizzazione della Chiesa Luterana Tedesca e nel tentare la riconciliazione tra le Chiese Luterane e Riformate in Germania. S. mantenne la sua prestigiosa posizione fino alla sua morte, avvenuta il 12 febbraio 1834 per complicanze polmonari, e l'indice della sua popolarità fu il fatto che ben 40.000 persone parteciparono alle sue esequie.   

Le opere

  • Über die Religion. Reden an die Gebildeten unter ihren Verächtern (Sulla religione. Discorsi alle persone istruite tra i suoi spregiatori) (1799)

  • Monologen (Monologhi) (1800)

  • Vertrauten Briefe über Schlegels Lucinde (Lettere confidenziali su Lucinde Schlegel) (1801)

  • Grundlinien einer Kritik der bisherigen Sittenlehre (Lineamenti essenziali di una critica della morale sino ai nostri giorni) (1803)

  • Die Weihnachtsfeier (La festa di Natale) (1806)

  • Kurze Darstellung des theologischen Studiums (Breve presentazione dello studio teologico) (1811)

  • Der Christliche Glaube (La fede cristiana) (1821-22)

  • Traduzione delle opere di Platone (1804-1810 e 1828).

Il pensiero filosofico

Vero interprete della moderna teologia, S., già dai Discorsi sulla religione del 1799 e dai Monologhi del 1800, andava configurando il proprio pensiero: egli riteneva la religione l'esperienza personale dell'infinito, nella quale i fattori importanti erano l'intuizione religiosa, il sentimento (la religione del cuore) d'ogni singolo individuo e l'interiorizzazione del concetto dell'Infinito nel finito. Per quest'ultimo punto, S. intendeva che l'Infinito non esisteva in sé per sé, ma solamente come manifestato nel finito, ma fu per questo tacciato di panteismo, ingiustamente poiché non fece mai coincidere Dio con il mondo.

La forte soggettivizzazione della teologia di S. venne sintetizzato nel concetto di sentimento della dipendenza assoluta dell'uomo [anche se questo scaturì la salace osservazione del famoso filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) che allora il migliore cristiano era il cane!]. La religione andava, infatti, intesa come libertà individuale indipendente dalla metafisica e dalla morale, che comprendeva anche il rifiuto dei dogmi religiosi, delle chiese di Stato e delle istituzioni confessionali, che si stemperò solo molti anni dopo con La fede cristiana del 1821-22.

In quest'ultima opera, S. ribadì la sua definizione del Cristianesimo, come "una particolare configurazione della pietà nel suo orientamento teleologico, la quale configurazione si distingue da tutte le altre per il fatto che in essa tutti i singoli elementi vengono rapportati alla coscienza della redenzione per merito della persona di Gesù di Nazaret". Quindi, secondo S., il Cristianesimo era non solo la religione del destino, ma anche la religione condizionata da un fine (teleologica, quindi), dal carattere redentivo mediato da Gesù Cristo, figura centrale di questa religione.

S. concepiva inoltre la figura del Cristo Salvatore come una figura storica (da demitizzare) che aveva subordinato la propria personalità al sentimento religioso e che non solo è il modello al quale gli uomini devono ispirarsi, ma è anche l'archetipo della coscienza di Dio, come ha fatto notare il teologo Hans Kung.