Telesio, Bernardino (1509-1588)

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La statua di Bernardino Telesio a Cosenza

 

La vita

Il filosofo Bernardino Telesio, figlio dell'aristocratico Giovanni Telesio, nacque verso la fine del 1509 a Cosenza. La sua educazione fu curata dallo zio Antonio Telesio (1482-1534), un umanista di certo valore, che lo portò a Milano nel 1518, e a Roma nel 1521, dove zio e nipote vissero fino al 1527, anno del Sacco di Roma, durante il quale T. fu incarcerato per un breve periodo. Riacquistata la libertà, egli si trasferì con lo zio a Venezia e, in seguito studiò a Padova filosofia con Geronimo Amaltea e matematica, astronomia e filosofia morale con Federico Delfino fino al 1535. Profondamente insoddisfatto degli insegnamenti della filosofia aristotelica, T. si ritirò a meditare in un convento benedettino in Calabria, pur non prendendo gli ordini, fino al 1544-45.

Successivamente egli fu ospitato nella casa napoletana del Duca di Nocera, Alfonso III Carafa [la stessa casata di Papa Paolo IV (1555-1559)] fino al 1553, anno in cui si sposò e ritornò a Cosenza, dove entrò nell'Accademia Cosentina, in seguito denominata in suo onore Telesiana, portandola a nuova vita e influenzando gli interessi accademici, precedentemente orientati alla letteratura, verso l'osservazione e l'indagine, sebbene con metodi ancora empirici, della natura. Questa disciplina, denominata naturalismo, nella sua forma panteistica ha i suoi maggiori esponenti in T., ma anche in Tommaso Campanella (che aderì all'Accademia Telesiana, come lo fece anche il riformato calabrese Giovanni Valentino Gentile) e soprattutto in Giordano Bruno, che per questo vennero considerati eretici da perseguire.

T. fu invece protetto dall'alto e non dovette subire persecuzioni di qualsivoglia tipo, anzi, dopo la morte della moglie (da lui sposata nel 1522) nel 1561, il papa Pio IV (1559-1565) gli offrì perfino il titolo di arcivescovo di Cosenza (subordinato comunque ad una regolare consacrazione a sacerdote), ma questi declinò l'invito a favore del fratello Tommaso.

Nel 1565 egli si trasferì a Roma: questo fu anche l'anno nel quale apparve i primi due libri della sua opera principale De rerum natura juxta propria principia (l'edizione completa in nove volumi fu stampata nel 1586) e a Roma T. poté godere della benevolenza del papa Gregorio XIII (1572-1585), che lo invitò ad esporre la sua filosofia e lo protesse, come già Pio IV, dalle critiche. Infatti il De rerum natura venne iscritto all'Indice dei libri proibiti nel 1593, cioè solo dopo la morte del suo autore. Sempre a Roma T. conobbe e entrò in vivace polemica con il filosofo dalmata neoplatonico Francesco Patrizi (o Patrizzi) (1529-1597).

Dal 1576 al 1586 T. visse a Napoli, ospite del nuovo Duca di Nocera, il figlio di Alfonso, Ferrante Carafa (al quale fu dedicata l'edizione definitiva del De rerum natura), tornandosene quindi a Cosenza, dove morì nell'ottobre 1588.

Dopo la sua morte, il discepolo più fervente, Antonio Persio (1542-1612), fece pubblicare alcuni suoi scritti minori con il titolo di Varii de rebus naturalibus libelli.

Il pensiero

Come già detto, T. fu un importante esponente del naturalismo rinascimentale e il suo lavoro De rerum natura ne fu il trattato più importante dell'epoca.

Per T., in contrapposizione ad Aristotele, la natura può essere osservata non già dalla ragione, la quale sviluppa solo concetti astratti come forza e potenza, bensì dall'esperienza dei sensi, i quali rivelano la presenza di forze meccaniche attive, il caldo ed il freddo, che agiscono continuamente, trasformandola, sulla materia, o terra (concetto contestato dal neoplatonico Francesco Patrizi poiché anch'esso non sarebbe comunque misurabile dall'esperienza dei sensi). In particolare il caldo, incontrando la terra, genera la vita degli essere animati, e poiché il caldo è, più o meno, ritrovabile ovunque nell'universo, allora l'universo stesso, fornito di una sua sensibilità, è animato. Questa teoria si denomina panpsichismo. Tutto è regolato dalla quantità di calore: la vita animale è superiore a quella vegetale a causa del grado di calore, e sempre il caldo permette la superiorità del livello cognitivo rispetto alla vita animale.

Ovviamente, riducendo tutto alla sensazione, T. si poteva trovare in difficoltà a spiegare la conoscenza di Dio, poiché Egli non può essere oggetto dei nostri sensi, oltre che l'immortalità dell'anima. Ma per il filosofo calabrese Dio trascende il mondo fisico e l'anima immortale dell'uomo è stata infusa da Dio stesso. Le prove sono il bisogno dell'uomo del divino e l'esigenza di una giustizia ultraterrena.

Il pensiero di T. influenzò diversi filosofi del XVI e XVII secolo, come i già citati Campanella e Bruno, ma anche gli inglesi Francis Bacon (1561-1626) e Thomas Hobbes (1588-1679).