Enrico VIII d'Inghilterra (1509-1547) e Anglicanesimo

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Enrico VIII

ritratto da Hans Holbein il giovane

L'Inghilterra fu unica nella sua scelta di staccarsi dalla Chiesa Cattolica: il risultato finale fu la Chiesa Anglicana, teologicamente una miscela di dottrina cattolica e riformata, ma in pratica indipendente da tutte e due.

Situazione storica

Già prima del XVI secolo, l'Inghilterra aveva conosciuto eresie particolarmente radicate sul territorio, come, ad esempio nel XIV secolo, John Wycliffe e i suoi poveri predicatori, e il conseguente movimento lollardo, che persisteva anche ai tempi di re Enrico VIII.

L'Inghilterra, inoltre, cercava di sviluppare la propria società, rifondata, dopo la lunga e devastante Guerra delle Due Rose (1455-1485), su un nazionalismo piuttosto marcato e ovviamente desiderava evitare, il più possibile, le interferenze esterne.

Quindi era chiaro che le ingerenze del papa sugli affari interni inglesi, il pagamento dei tributi a Roma, la corruzione nel quale versava il clero cattolico inglese, un quarto circa del suolo nazionale in mano alla Chiesa, un sistema di giudizio e pagamento delle tasse differente per gli uomini di chiesa erano problemi certamente maldigeriti dalla nazione e dal suo re.

Enrico VIII (1509-1547)

Enrico VIII, nato nel 1491, salì al trono a soli 18 anni, nel 1509, dopo la morte del padre Enrico VII (1485-1509). Nel primo periodo del suo regno egli diede l'impressione di un devoto fedele della Chiesa Cattolica: scrisse perfino un Assertio Septem Sacramentorum nel 1521 e fu molto efficace nell'opporsi alla diffusione del luteranesimo in Inghilterra. Il tutto gli fece guadagnare il titolo di Difensor fidei (difensore della fede) da parte del papa.

Ma la crisi con Roma arrivò nel 1527: infatti Enrico era sposato, per volontà politica di suo padre, dal 1509 con Caterina d'Aragona, vedova di suo fratello Arturo. A quel tempo, questo matrimonio si poté celebrare solamente con la dispensa di Papa Giulio II (1503-1513). Dopo 18 anni, il re chiese al Papa Clemente VII (1523-1534) l'invalidazione della dispensa papale, ma la questione era infatti molto delicata: da una parte Enrico era seriamente preoccupato per la successione al trono d'Inghilterra a causa del matrimonio con la più anziana Caterina, che non era riuscita a dare un erede maschio al re: l'unica superstite delle sue varie gravidanze era la figlia Maria. Però, dall'altra parte bisognava considerare le implicazioni internazionali: Caterina era anche zia dell'imperatore Carlo V (1519-1558)!

L'intermediario papale [l'arcivescovo di Salisbury Lorenzo Campeggio (1472-1539)] e quello del re [il cardinale e Lord Cancelliere Thomas Wolsey (1474-1530)], scelti per condurre la trattativa, tirarono per le lunghe senza arrivare ad una conclusione e lo stesso Papa Clemente VII, dopo aver subito il sacco di Roma e la prigionia da parte dei lanzichenecchi di Carlo V nel 1527, non voleva ulteriormente provocare l'imperatore, perciò nel 1529 avocò a Roma il diritto di decidere sulla questione, ma anche lui, debole o troppo prudente, continuò a posporre la decisione finale.

Lo stato di impasse fu superato grazie a Thomas Cranmer, docente universitario alla Jesus College di Cambridge, il quale suggerì al re di consultare le principali università europee. Oltretutto, secondo Cranmer, anche dalle stesse Sacre Scritture veniva la conferma della scelta di separazione, secondo un passo del Levitico (20:21): Se un uomo sposa la moglie di suo fratello commette un'impurità; essi rimarranno senza figli. Benché la proposta di Cranmer non permettesse di raggiungere l'unanimità di consensi, tuttavia la maggioranza delle risposte fu favorevole ad Enrico.

Anno dopo anno, Enrico VIII, consigliato da Cranmer, nominato nel 1532 arcivescovo di Canterbury, alzò sempre più il tiro contro la Chiesa Cattolica. Nel frattempo, però, Cranmer si era sposato con Margaret, nipote del riformatore luterano Andreas Osiander: dovette occultare la presenza della moglie e perfino mandarla all'estero per non dispiacere al re.

Nel 1530 il re accusò molti prelati inglesi di violare, a loro favore, gli statuti, denominati Praemunire, (editti nel 1353, 1365 e 1393), i quali concedevano che le cause legali coinvolgenti uomini di chiesa fossero portate davanti a corti papali fuori dall'Inghilterra, solo dopo il beneplacito del re. La vittima più illustre di quest'accusa fu Thomas Wolsey, che già caduto in disgrazia per la sua inefficienza dimostrata durante le trattative per la separazione del re, fu messo sotto accusa, ma morì di malattia il 30 novembre 1530 durante il suo trasferimento a Londra. Nel 1531 Enrico fece votare dal parlamento "l'atto di supremazia" con la quale egli si fece riconoscere Capo Supremo della Chiesa in Inghilterra, e nel 1532 decise che i tributi andavano pagati alla corona e non a Roma.

Lo strappo con Roma

Lo strappo definitivo arrivò nel 1533, quando il re sposò in segreto la sua nuova fiamma, Anna Bolena, la quale già aspettava un figlio da lui, e, tre mesi dopo, Cranmer, facendosi forte di un decreto parlamentare sull'autonomia della Chiesa inglese nelle decisioni interne, dichiarò sciolto il matrimonio di Enrico con Caterina e riconobbe ufficialmente quello con Anna Bolena.

Il papa Clemente VII reagì con la scomunica del re, di Anna Bolena e di Thomas Cranmer nel luglio 1534 e con l'interdizione (cessazione dell'amministrazione dei sacramenti) dell'Inghilterra, provvedimento che sarebbe stato tremendo nel medioevo, ma che fu praticamente ignorata nel XVI secolo. Clemente morì nel settembre 1534: il successore, Paolo III (1534-1549), ideatore del Concilio di Trento, dovette gestire un rapporto con la Corona d'Inghilterra, che peggiorava ogni giorno sempre di più.

Infatti Enrico VIII rispose alla scomunica nel novembre 1534 con tre atti:

  • Un ulteriore "atto di supremazia" (il re era il Capo Supremo sulla Terra della Chiesa di Inghilterra) con il diritto di reprimere le eresie e di scomunicare;

  • L'obbligo per tutti gli inglesi di giurare solamente davanti al re, e non davanti a qualche autorità straniera (sic!);

  • La condanna per tradimento per chi osasse sostenere che il re fosse eretico, tiranno o scismatico.

La pressione sulla Chiesa cattolica inglese fu elevatissima: sotto il coordinamento del Vicario Generale Thomas Cromwell, i monasteri furono chiusi e i loro beni incamerati dalla corona e tutti i prelati dovettero giurare di rispettare l'atto di supremazia, solo Tommaso Moro (Thomas More) (1478-1535), il grande filosofo umanista erasminiano, autore dell'Utopia, ed ex Lord Cancelliere, e John Fisher (1469-1535), vescovo di Rochester ed ex confessore di Caterina d'Aragona, si opposero ed entrambi furono decapitati per tradimento. Ambedue furono successivamente nominati santi dalla Chiesa cattolica.

Ma la cosa più curiosa fu che, dal punto di vista dottrinale, almeno in questa prima fase, Enrico VIII non aveva per nulla rotto con il Cattolicesimo: in linea di massima, egli si mostrò un buon cattolico e solo dopo, durante il breve regno del figlio Edoardo VI (1547-1553), si fecero largo con più decisione elementi cari alla Riforma.

Ma ai tempi di Enrico VIII queste idee potevano costare care: se ne rese conto anche Thomas Cromwell, che cercò di spingere la monarchia verso il luteranesimo, facendo adottare i Dieci Articoli (The Ten Articles), articoli di fede di chiara ispirazione luterana (sola fide e semplificazione a soli tre Sacramenti) e, con le Ingiunzioni Reali del 1538, fece mettere una Bibbia in latino ed una in inglese in ogni chiesa (sola scriptura!). L'esperimento fallì e Cromwell, caduto in disgrazia, anche perché ritenuto il responsabile del matrimonio, poi fallito, del re con Anna di Cleves, fu condannato per tradimento e decapitato nel luglio 1540.

Nel 1537 Enrico ritornò con decisione ai dogmi cattolici, facendo redigere il Bishop's book (il libro del vescovo), che conservava i sette sacramenti, il culto della Vergine e dei santi e proibiva la lettura individuale della Bibbia. Il libro fu poi rivisto in senso ancora più cattolico e ristampato nel 1543 con il titolo di King's book (il libro del re).

Nel 1539 il parlamento inglese approvò i Sei Articoli (The Six Articles), che confermarono, tra l'altro, la validità del dogma della transustanziazione, l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per i prelati, le Messe private e la confessione.  

Riprese quindi con vigore la persecuzione contro i protestanti: fu bruciato sul rogo nel 1540 il luterano Robert Barnes; il traduttore William Tyndale, il quale aveva pubblicato la prima Bibbia (Nuovo Testamento) in inglese nel 1535, fu denunciato all'inquisizione spagnola, che lo bruciò a Bruxelles nel 1536; la protestante Anne Askew fu processata e bruciata sul rogo nel 1546; alti prelati di chiare simpatie riformiste, come i vescovi Hugh Latimer e John Hooper, l'ex frate agostiniano Miles Coverdale, traduttore del primo Antico Testamento in inglese, e lo stesso Thomas Cranmer, dovettero o rifugiare all'estero o rivedere drasticamente le proprie idee o perlomeno adottare un atteggiamento nicodemitico.

Insomma alla sua morte nel 1547, Enrico VIII lasciò sia i cattolici che i protestanti inglesi del tutto insoddisfatti.

Edoardo VI (1547-1553)

Il nuovo re Edoardo VI, figlio di Jane Seymour (terza delle sei mogli di Enrico), aveva solo nove anni, quando salì al trono d'Inghilterra e quindi il potere effettivo era concentrato nelle mani del reggente e Lord Protettore, suo zio Edward Seymour, duca di Somerset (1506-1552). Somerset era un buon amico di Cranmer e un convinto assertore della Riforma, che riprese vigore: Latimer poté nuovamente predicare, Hooper poté rientrare dall'esilio, la chiese protestanti vennero addobbate secondo il loro credo, cioè senza immagini, la Comunione veniva data sotto ambedue le forme e Cranmer poté far rientrare la moglie.

Nel 1549 fu pubblicato il Book of Common Prayer (il libro delle preghiere), compilato su richiesta di Cranmer per semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in latino e risalenti al periodo medioevale. Il suo utilizzo obbligatorio venne prescritto dall'Atto di Uniformità del 1549 stesso. Però dal punto di vista dottrinale ne risultò un miscuglio d'idee diverse (cattoliche e luterane) e non soddisfaceva nessuno: quindi, nel 1552, fu rivisto, tuttavia questa volta in un senso riformato di tipo svizzero, con l'ausilio di Calvino in persona, che scrisse a Edoardo VI e al conte di Somerset per aiutarli nella revisione. Ma soprattutto grazie al nuovo Lord Protettore, John Dudley (1502-1553), conte di Warwick e al vescovo di Londra Nicholas Ridley, diverse personalità della Riforma svizzera zwingliano-calvinista furono chiamate in Inghilterra e diedero il proprio contributo: Martin Bucero da Strasburgo, l'italiano Pietro Martire Vermigli, professore ad Oxford, il polacco Jan Laski.

Anche nel caso di questa seconda versione, un apposito Atto d'Uniformità del 1552 ne prescrisse l'utilizzo con, in più, l'obbligo di partecipare alle funzioni religiose e la condanna per imprigionamento per la partecipazione a qualsiasi altra forma di riunione religiosa.

Infine nel 1553 vennero pubblicati i 42 Articoli (The forty-two articles), la collezione delle formule dottrinali anglicane, rimaste sulla carta per la morte del re.

Maria Tudor (1553-1558)

Infatti il 6 luglio 1553 Edoardo VI, a soli 15 anni, morì di tubercolosi, e dopo l'infelice avventura di Lady Jane Grey (1537-1554), cugina di Edoardo e regina per soli 9 giorni (poi decapitata nel 1554), salì al trono la cattolica Maria Tudor, figlia di quella Caterina d'Aragona, il cui ripudio aveva innestato lo scisma della Chiesa d'Inghilterra.

Inizialmente la regina impostò il suo regno sulla tolleranza religiosa, ma nello stesso tempo chiese ed ottenne, il 3 gennaio 1555, dal parlamento inglese il ritorno all'obbedienza a Roma, ratificato dal cardinale inglese Reginald Pole (1500-1558). Ironia della sorte, Pole, che per poco non diventò papa nel 1549 (sarebbe bastato che avesse accettato l'elezione per adorationem), fu perfino sospettato di eresia da parte del Papa Paolo IV (1555-1559) per le sue idee moderatamente riformiste.

Sul piano personale, Maria aveva sposato nel 1554 suo cugino di secondo grado, il figlio dell'imperatore Carlo V, Filippo di Spagna [il futuro Filippo II (1556-1598)], undici anni più giovane di lei: fu una delle decisioni più infelici del suo regno. Oltre all'impopolarità presso i suoi sudditi, Maria soffrì il dramma personale perché non riuscì mai ad avere il tanto aspettato erede.

Forse per l'influenza dei consiglieri cattolici spagnoli o a causa di manifestazioni protestanti anti-monarchiche o per i consigli del Lord Cancelliere, l'arcivescovo di York Stephen Gardiner (1483-1555), Maria si trasformò ben presto in una delle più feroci persecutrici della Riforma in Inghilterra, tale da meritarsi il soprannome di Maria la Sanguinaria (Bloody Mary): furono imprigionati e successivamente bruciati sul rogo Cranmer, Ridley, Latimer e Hooper. Ridley e Latimer furono addirittura arsi sulla stessa pira. Ma il boia non si fermò qui: in tutto tra 273 e 288 (a secondo delle fonti) protestanti furono arsi sul rogo, più di 800 fuggirono (come Coverdale) in Germania e Svizzera e 2.000 preti furono espulsi perché sposati.

Maria morì il 17 novembre 1558. Qualche ora più tardi morì il cardinale Pole, il fautore del momentaneo riavvicinamento dell'Inghilterra alla Chiesa cattolica.

Elisabetta I (1558-1603)

Nel 1558 salì sul trono d'Inghilterra Elisabetta, figlia di Anna Bolena: essa fu la vera fondatrice della Chiesa Anglicana, una sintesi dottrinale tra liturgia cattolica e dogmatismo calvinista. Il suo regno non incominciò certo nella migliore maniera: i cattolici la consideravano un'usurpatrice e l'arcivescovo di Canterbury, Nicholas Heath (m. 1578), si rifiutò perfino di incoronarla.

Tuttavia Elisabetta fu soprattutto una abile donna politica e dissimulò con cura il suo credo religioso: non si dichiarò ufficialmente protestante per non dare lo spunto ad una possibile grande alleanza tra Spagna, Francia e Scozia, ma d'altronde adottò il protestantesimo, senza usare i toni accesi dei predecessori. I suoi primi passi furono improntati sulla diplomazia e compromesso: non si fece più chiamare, come il padre Enrico VIII, capo supremo della Chiesa d'Inghilterra, bensì più modestamente Governatore Supremo, pur negando l'autorità giuridica del papa. Nel frattempo rese obbligatorio nel 1559, con un ennesimo Atto d'Uniformità, il Prayer Book, nella seconda versione di Edoardo VI, tuttavia rivisto in senso cattolico.

Eppure la rivolta degli alti prelati cattolici era stata quasi totale: 15 vescovi, 12 decani, 15 direttori di collegi religiosi e circa 200/300 preti diedero le dimissioni o furono privati del titolo. Nel 1559 fu eletto il nuovo arcivescovo di Canterbury, Matthew Parker, un uomo moderato e conciliante, che aveva sofferto sotto Maria Tudor, ideale per Elisabetta in quella posizione, ma per la sua investitura si dovettero scomodare quattro ex prelati che erano stati vescovi nel periodo di Edoardo VI, stante la situazione sopra descritta.

I 42 articoli di Edoardo VI (1553) (le formule dottrinali anglicane) diventarono nel 1571, sotto Elisabetta I, i 39 articoli, compromesso fortemente voluto da Parker, tra elementi cattolici, luterani e calvinisti. L'altro grande teologo del regno elisabettiano fu Richard Hooker (1554-1600), spiritualista e apologista, che scrisse il ponderoso Treatise on the laws of ecclesiastical polity (trattato sulle leggi del governo ecclesiastico) a difesa della scelta episcopale nella struttura della Chiesa d'Inghilterra.

La reazione di Roma fu lenta: solo nel 1570 il Papa Pio V (1566-1572) si decise a scomunicare Elisabetta e a sciogliere gli inglesi dal dovere di obbedienza: errore gravissimo in un paese che non aveva certo bisogno di alimentare il fuoco della polemica anti-papale.

Nel 1587, sotto la minaccia dell'invasione spagnola e in seguito all'ennesima congiura per far cadere la regina e sostituirla con Maria Stuarda (1542-1587), Elisabetta fece decapitare l'ex regina di Scozia, fuggita in Inghilterra nel 1568 e detenuta in cattività fino alla sua esecuzione. La mossa aveva il preciso scopo politico di togliere di mezzo una possibile protagonista (fra l'altro diretto successore in linea gerarchica di Elisabetta) che potesse catalizzare le proteste dei cattolici inglesi. La reazione degli spagnoli avvenne l'anno dopo, 1588, ma la disfatta della loro flotta di invasione, la famosa Invincible Armada (Invincibile Armata), mise l'Inghilterra al sicuro da ingerenze esterne.

Rimasero comunque i conflitti interni: ovviamente una politica di compromesso non poteva certo piacere agli opposti estremi. Soprattutto gli estremisti protestanti, i Puritani, benché rintuzzati spesso da Hooker, dal 1570 in avanti attaccarono le apparenze esteriori (paramenti sfarzosi, l'uso dei vescovi ecc.), secondo loro un retaggio papista, rendendo amari gli ultimi anni per l'anziana regina, che si spense nel 1603.