Pole, Reginald (1500-1558)

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Sebastiano del Piombo: Ritratto del cardinale Reginald Pole

(Hermitage, San Pietroburgo)

I primi anni

Il cardinale Reginald Pole nacque nel marzo 1500 a Stourton Castle, nella contea inglese dello Staffordshire, secondogenito di Sir Richard Pole (ca. 1462-1505), cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera, e di Margeret Plantagenet (1473-1541), figlia del duca di Clarence, George (1449-1477), fratello del re Edoardo IV d'Inghilterra (1461-1483). Quando rimase vedova, la madre di P. fu successivamente creata contessa di Salisbury e fu associata alla corte reale come tutrice della principessa (e futura regina) Mary.

P. era quindi strettamente imparentato con la famiglia reale inglese (era cugino di terzo grado del re Enrico VIII) e ricevette un'ottima educazione, frequentando la rinomata Charterhouse a Sheen (nella contea inglese del Surrey) per cinque anni, ed in seguito iscrivendosi all'università ad Oxford all'età di soli dodici/tredici anni per poi laurearsi dopo tre anni. A questo punto egli fu avviato alla carriera ecclesiastica e, benché non avesse ancora ricevuto neppure gli ordini minori, gli fu concessa nel 1518 una prebenda (un beneficio) come decano della collegiata di Wimborne (nella contea inglese del Dorset).

Nel febbraio 1521 P. si recò a Padova per approfondire i suoi studi umanistici con famosi letterati come Christoph de Longueil (Longolius) (1488-1522), che gli lasciò la sua biblioteca personale, il grecista d'origine albanese Nicolaus Leonicus Thomaeus (Niccolò Leonico Tomeo) (1456-1531), l'umanista Pietro Bembo, il futuro cardinale Gasparo Contarini, e lo studioso inglese Thomas Lupset (ca. 1498-1530). Ebbe l'occasione anche di conoscere Pier Martire Vermigli, che frequentava l'università di Padova nello stesso periodo.

Dopo una visita a Roma nel 1526, P. rientrò in Inghilterra nel 1527, proseguendo i suoi studi nella clausura certosina di Sheen, dove fu raggiunto dalla notizia della sua elezione a decano di Exeter.

La questione del divorzio di Enrico VIII d'Inghilterra

Ma, poco dopo, egli si trovò nella delicatissima situazione di dover prendere posizione nella complessa vicenda del divorzio del cugino Enrico VIII da Caterina d'Aragona: P. tentò di evitare di pronunciare un parere, ottenendo di continuare i suoi studi a Parigi, ed anche qui, benché gli fosse chiesto di fare da intermediario per avere un parere dell'università della Sorbona, riuscì ad evitare di farsi coinvolgere in questo caso di coscienza, che per lui era molto spinoso.

Richiamato in Inghilterra da Enrico VIII, P. si vide proporre, dopo l'esecuzione capitale del cardinale Thomas Wolsey (1474-1530), l'offerta dell'arcivescovado di York o del seggio di Wincester, probabilmente come tentativo del re di comprare la compiacenza di suo cugino. Ma P. coraggiosamente espresse, in un colloquio privato con il re, i suoi dubbi sul ripudio di Caterina e fu sufficientemente fortunato da mantenere la testa sul collo (Enrico VIII, in un momento di rabbia, aveva già estratto la sua daga!), ed anzi da ottenere dal re la possibilità nel gennaio 1532 di ritornare ai suoi studi padovani (un esilio dorato?), dove conobbe Jacopo Sadoleto, Alvise Priuli e Benedetto Fontanini da Mantova. Qui poté anche approfondire i suoi studi di critica biblica nel monastero benedettino di Santa Giustina a Venezia, sotto la guida dell'ebraista fiammingo Jan van Kampen (nome umanistico Campensis) (m. 1538).

Nel 1535 egli fu nuovamente al centro di un tentativo di Enrico VIII di tirarlo dalla sua parte nella richiesta di un parere sulla legalità jure divino del matrimonio con la vedova del proprio fratello e anche sulla supremazia del papato.

La risposta di P. fu il trattato Pro ecclesiasticæ Unitatis defensione, molto drastico nelle sue conclusioni e molto coraggioso, visto le recenti esecuzioni capitali di coloro i quali si erano espressi senza peli sulla lingua, come il grande filosofo umanista erasminiano ed ex Lord Cancelliere Tommaso Moro (Thomas More) (1478-1535), e il vescovo di Rochester, ed ex confessore di Caterina d'Aragona, John Fisher (1469-1535).

P. si schiera con il papa

Nel 1536 il re seccatissimo convocò P. per esigere spiegazioni sul testo del trattato, ma questi, consigliato dal vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti, e da Gian Pietro Carafa, il futuro papa Paolo IV (1555-1559), decise di rifiutare l'incontro, accettando invece l'invito di Papa Paolo III (1534-1549) di recarsi a Roma nel novembre 1536 per entrare a far parte di una commissione, presieduta dal cardinale Contarini, per la riforma interna della Chiesa e che sviluppò il famoso documento "Consilium de emendanda ecclesia". Contestualmente il papa lo nominò cardinale il 22 dicembre 1536 assieme a Sadoleto, Carafa e altri prelati.

Questa presa di posizione di P. fu considerata un vero e proprio tradimento da parte di Enrico VIII, che per vendetta fece arrestare i suoi fratelli e fece mettere a morte sua madre nel 1541, ufficialmente perché era voluto rimanere cattolica. Il re, inoltre, tentò più volte di far assassinare P. mediante sicari prezzolati.

Da parte sua, nel 1538-39, il cardinale inglese gestì vari tentativi papali di creare un'alleanza cattolica contro l'Inghilterra, ma la rivalità tra l'imperatore Carlo V (1519-1556) e il re di Francia Francesco I (1515-1547) fece naufragare ogni tentativo d'intesa.  

Il circolo degli spirituali a Viterbo

In seguito P. fu richiamato a Roma, dove fu nominato legato di Viterbo e proprio a quel periodo (1541) risalì la conversione alle idee sulla giustificazione sola fide di Juan de Valdès, attuata da Marcantonio Flaminio. In seguito alla morte del Valdès nell'agosto 1541, P. e Flaminio trasferirono la scuola di pensiero, il cosiddetto circolo degli spirituali, che aveva raccolto l'eredità del riformatore spagnolo, proprio a Viterbo, città di residenza di P. Aderirono al circolo di Viterbo, tra gli altri, Vittore Soranzo, Pietro Carnesecchi, Apollonio Merenda (che divenne il cappellano di P.), Pietro Antonio Di Capua, Alvise Priuli, la marchesa di Pescara Vittoria Colonna (che fu molto devota a P.) e la contessa Giulia Gonzaga.

Il circolo, che ebbe vita breve (solo fino all'autunno 1542, sebbene poi, fino al 1550, anno di morte di Flaminio, il gruppo rimase compatto durante la trasferta a Trento), agì da centro di diffusione degli scritti riformati o evangelici, come i testi inediti di Valdès, compreso l'Alphabeto christiano, che furono tradotti da Flaminio, sentito il parere dello stesso P., il quale era anche un estimatore del notissimo Trattato utilissimo del beneficio di Giesù Christo crocefisso verso i christiani, o più brevemente Beneficio di Christo, uno dei libri fondamentali per la Riforma in Italia.

P. fu però un personaggio ambiguo e ondeggiante tra le idee evangeliche e l'assoluta fedeltà alla Chiesa Cattolica. Personaggio molto taciturno, egli era da una parte nicodemitico ma, dall'altra, fu capace di impegnarsi direttamente a difesa degli evangelici, come quando, nel 1547, egli intercesse personalmente presso il papa Paolo III perché questi emanasse un breve d'assoluzione per il nobile messinese Bartolomeo Spadafora, inquisito da parte dell'Inquisizione siciliana. Tuttavia l'amicizia dimostrata dal P. verso Spadafora fu il vero motivo dell'arresto e incarcerazione del nobile siciliano nel settembre 1556, quando il papa Paolo IV lo fece perseguitare solamente sulla base di quest'amicizia.

Il concilio di Trento

Il 1 novembre 1542 P. fu uno dei tre legati pontifici [gli altri due erano Giovanni Morone e Pietro Paolo Parisio(m. 1545)] incaricati da Paolo III di aprire ufficialmente i lavori del Concilio di Trento (lavori ufficiali:1545-1563), ma questo primo tentativo di iniziare il tanto atteso concilio fu un vero fallimento. Comparvero pochissimi delegati e i lavori furono sospesi il 6 luglio 1543.

L'apertura ufficiale dei lavori conciliari solo nel dicembre 1545 permise a P., assistito da Alvise Priuli, di scrivere tra il marzo e l'aprile 1545 il trattato De Concilio, dove l'autorità della Chiesa veniva fondata sulla promessa di Cristo a Pietro (una mossa apparentemente contraddittoria e ambigua, purtroppo non l'unica, rispetto alle sue precedenti simpatie valdesiane), e alla ripresa dei lavori nella seconda sessione del concilio (che P. dovette abbandonare, non si sa se per motivi di salute o perché non accettava la bozza che andava delineandosi), di presentare, il 7 gennaio 1546, l'Admonitio Legatorum ad Patres Concilii.

P. quasi papa!

Alla morte di Paolo III il 10 novembre 1549, nel conclave che ne seguì, il cardinale inglese fu lungamente considerato il principale candidato: ad un certo punto egli mancò per un voto l'elezione a papa e avrebbe potuto semplicemente accettare l'elezione a Papa per adorationem, ma ..... tacque, permettendo l'elezione del gaudente Giulio III (1550-1555), al quale dedicò il suo scritto De Summo Pontefice, ma soprattutto spianando la strada all'elezione, 6 anni dopo, al famigerato, fanatico e violento cardinale Gian Pietro Carafa, il quale divenne Papa Paolo IV. Carafa, comunque, già nel conclave del 1549, non mancò di attaccare violentemente P., accusandolo di eresia.

Dopo la mancata elezione di P. a papa, questi si ritirò nel 1550-51 presso il convento benedettino di Maguzzano sul Lago di Garda, dove conobbe lo storico Giovanni Michele Bruto e il diplomatico ed ecclesiastico italo-ungherese Andrea Dudith Sbardellati.

P. alla corte di Maria Tudor

La morte del re inglese Edoardo VII il 6 luglio 1553 riportò al centro dell'attenzione il ruolo che poteva svolgere P. per riportare l'Inghilterra al Cattolicesimo: dopo il matrimonio della regina Maria Tudor (1553-1558) con Filippo di Spagna [il futuro Filippo II (1556-1598)], P. venne inviato nel novembre 1554 da Giulio III come legato pontificio. Il 30 novembre 1554 P. formalmente assolse i due rami del parlamento inglese dall'accusa papale di scomunica e nel novembre dell'anno successivo convocò un sinodo per attuare diversi decreti di riforma ecclesiastica, visti i 20 anni di separazione dell'Inghilterra dal Cattolicesimo. Il 20 marzo 1557 Pole fu finalmente ordinato prete e due giorni dopo fu consacrato arcivescovo.

Tuttavia la crescente repressione anti-protestante della regina, soprannominata Maria la Sanguinaria (tra 273 e 288 protestanti furono arsi sul rogo), rese veramente impopolare il regno di quest'ultima e P., ormai gravemente ammalato, non poté fare molto per mitigare la violenza anti-protestante della regina, oltre a rintuzzare gli attacchi del suo nemico, il papa Paolo IV, filo-francese e anti-spagnolo (quindi all'epoca anche anti-inglese), che oramai totalmente convinto dell'eresia dottrinale del cardinale inglese, cercò nel 1557 di sottoporlo, assieme a Soranzo e Morone, ad un processo dell'Inquisizione.

Tuttavia il papa non poté mai mettere in atto i suoi clamorosi piani di processare pubblicamente P., perché questi era protetto dalla regina Maria Tudor e poi perché il cardinale inglese morì, il 17 novembre 1558, nel palazzo reale di Lambeth. Per una singolare coincidenza, la sua morte seguì di solo poche ore quella della regina inglese, sua protettrice.