Gonzaga Colonna, Giulia, contessa di Fondi (1513-1566)

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Sebastiano del Piombo: Ritratto della contessa Giulia Gonzaga

(Museo del Palazzo Ducale di Mantova)

I primi anni

Giulia Gonzaga, una delle più belle donne del `500, nacque a Gazzuolo (in provincia di Mantova) nel 1513, settima dei figli di Ludovico Gonzaga (m. 1540), conte di Sabbioneta, e di Francesca Fieschi. Giovanissima (a soli 13 anni), G. andò sposa nel 1526 a Vespasiano Colonna (1480-1528), conte di Fondi (in provincia di Latina) e duca di Traetto (oggigiorno Minturno, sempre in provincia di Latina), che però la lasciò vedova dopo tre anni.

G. respinse da quel momento ogni offerta di matrimonio e si dedicò con grande impegno e saggezza alla trasformazione del suo palazzo in un centro di elevata cultura tanto da richiamare i più illustri personaggi del Rinascimento, come Ludovico Ariosto (1474-1533) (che dedicò un'ottava nel suo celebre Orlando Furioso alla bellissima Giulia), Annibale Caro (1507-1566), Francesco Berni (1497-1535), Pier Paolo Vergerio, il conte Fortunato Martinengo, ecc.

Il tentativo di rapimento

La fama della sua bellezza [immortalata da famosi pittore come Sebastiano del Piombo (1485-1547) ed Agnolo di Cosimo Allori, detto il Bronzino (1503-1572)] e della sua intelligenza fece concepire al famigerato corsaro Khayr al-Din (m. 1546), detto il Barbarossa, la folle idea di un tentativo di rapimento della contessa per portarla in dono al sultano Solimano II il Magnifico (1520-1566). Secondo altre fonti, invece, il corsaro era stato prezzolato dalla famiglia Colonna [molto probabilmente l'anima nera era la figliastra Isabella Colonna (1513-1570), nata dal primo matrimonio di Vespasiano], che, eliminata così la parente acquisita, voleva rientrare in possesso dell'asse ereditario del defunto Vespasiano Colonna.

L'attacco del Barbarossa avvenne la notte tra l'8 ed il 9 agosto 1534, quando il corsaro assalì Fondi, ma G., avvertita in tempo, si diede alla fuga. Il mancato rapimento spinse il corsaro a sfogare la sua rabbia con il saccheggio di Fondi ed il massacro dei suoi abitanti. Stessa sorte toccò a Borgo di Sperlonga, mentre ad Itri il Barbarossa incontrò una strenua resistenza da parte degli abitanti, che fecero desistere il corsaro, preoccupato anche per uno scontro armato con l'esercito di 5-6 mila uomini, messo in campo da Papa Clemente VII (1523-1534) e il cui comando era stato affidato al cardinale Ippolito de' Medici (1511-1535).

Quest'ultimo nutriva una grande passione amorosa per la bellissima contessa [nel famoso ritratto eseguito da Tiziano (1490-1576) si nota sul cappello del cardinale un fermaglio, simbolo di un'impresa d'amore per Giulia] e proprio nei possedimenti di G. il cardinale, in procinto di partire per Tunisi per raggiungere l'imperatore Carlo V (1519-1556), morì, molto probabilmente per avvelenamento [il mandante si ipotizza fosse il cugino invidioso Alessandro de' Medici, duca di Firenze (1523-1527 e 1531-1537)] il 10 agosto del 1535.

L'incontro con Valdès

Quattro mesi dopo la morte del cardinale Ippolito de' Medici, la contessa si ritirò nel convento annesso alla chiesa di S. Francesco delle Monache a Napoli. Qui avvenne l'episodio che fece sì che G. potesse essere annoverata tra i simpatizzanti alla Riforma protestante, vale a dire l'incontro con Juan de Valdès, avvenuto durante le prediche quaresimali del 1536, tenute da Bernardino Ochino. Il grande pensatore spagnolo la considerò sempre come la sua erede spirituale e le dedicò la sua opera principale l'Alfabeto cristiano. Le affidò inoltre tutti i suoi scritti, alla sua morte sopraggiunta nel 1541 e G. li inviò alla fine del 1541 a Marcantonio Flaminio, allora residente a Viterbo, per farli tradurre, sentito anche il parere del cardinale Reginald Pole.

Nel periodo 1547-52, Pietro Carnesecchi, grande amico e confratello in fede di G., venne trasferito in Francia in qualità di diplomatico al servizio del duca Cosimo I de' Medici (duca di Firenze: 1537-1569 e granduca di Toscana: 1569-1574): iniziò così un lungo e intenso carteggio con la contessa di Fondi, considerato un documento fondamentale per la comprensione delle idee degli spirituali valdesiani.

I due furono i motori propulsori della rete di solidarietà, stesa per cercare di proteggere gli evangelici, come, ad esempio Bartolomeo Spadafora, Apollonio Merenda, Mario Galeota (stretto collaboratore della G.), il vescovo Vittore Soranzo, il cardinale Giovanni Morone, la nobildonna Isabella Bresegna (o Brisegna), moglie di don Garcia Manrique, governatore di Piacenza, tutti coinvolti nelle persecuzioni del Grande Inquisitore Gian Pietro Carafa, poi Papa Paolo IV (1555-1559). Ma la stessa G. non fu esente da inchieste dell'Inquisizione, come nel 1553, quando inviò una lettera al cardinale Ercole Gonzaga (1505-1563) per scagionarsi della proprietà degli ultimi scritti del Valdès.

Dopo la morte nel 1558 di Reginald Pole, il livello delle inchieste dell'Inquisizione si alzò di tono: G. decise comunque di rimanere al suo posto nel convento di San Francesco delle Monache a Napoli nonostante una lettera di Carnesecchi, che recitava letteralmente che il Papa attende ad empiere le prigioni di cardinali e vescovi per conto dell'Inquisitione.

Infine la contessa di Fondi spirò all'età di 53 anni, il 16 aprile del 1566, sempre nel suo convento napoletano. Purtroppo la scoperta del suo ricco carteggio con Carnesecchi mise definitivamente nei guai l'ex protonotario fiorentino, che, su richiesta di Papa Pio V (1566-1572), l'ex inquisitore Michele Ghisleri, venne arrestato per ordine di Cosimo de' Medici, indi processato e bruciato sul rogo a Ponte Sant'Angelo il 1 ottobre 1567.