Riccio (o Del Riccio), Pier Francesco (1501-1564)

Fare clic per visualizzare la foto

Pier Francesco Riccio, da S. Caponetto: La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento,

per gentile concessione della Claudiana editrice

Pier Francesco Riccio (o Del Riccio) nacque a Prato nel 1501 (altri fonti citano il 1490 come data di nascita) da Nese di Clemente Riccio. Egli fu un sacerdote probo e onesto e legò la sua fortuna a quella del duca Cosimo I de' Medici (1537-1574), del quale fu dal 1524 precettore, sia in patria che in esilio, e poi maggiordomo, cioè segretario personale, fino al 1553. Ebbe una notevole influenza nelle committenze della corte medicea, come, per esempio, nella creazione della manifattura di arazzi.

Uomo di discreta cultura con una buona conoscenza di greco e latino [sebbene il noto orafo e scultore Benvenuto Cellini (1500-1571), nella sua autobiografia, lo citi ingiuriosamente con epiteti come bestia e asino], R. fu un valdesiano e un ammiratore di Martin Lutero, ed era in possesso di un manoscritto (oggi unico superstite) del famoso Beneficio di Christo di Benedetto Fontanini da Mantova, prima della sua stampa nel 1543.

Si impegnò a favore di intellettuali perseguitati per motivi religiosi o politici, come Aonio Paleario nel 1541 o Benedetto Varchi, di cui favorì il rientro a Firenze nel 1543 e ci sono prove che si mantenesse in contatto epistolare con un libraio di Venezia, probabilmente Antonio Brucioli, per fornirsi delle opere dei riformatori tedeschi, come Lutero o Melantone.

Nel febbraio 1550 entrò a far parte del Capitolo della cattedrale di Santo Stefano di Prato e qui chiamò a predicare l'agostiniano Alessio Casani (1491-1570), già accusato di luteranesimo nel 1548, quando fu salvato dall'intervento del decano della facoltà di Teologia a Firenze, Andrea Ghetti da Volterra. Purtroppo, nel 1553 R. fu colpito da una grave malattia e dovette essere relegato a Borgo San Lorenzo, poiché apparentemente era uscito di senno, anche se si ipotizza che si trattasse di una malattia diplomatica, suggerita da Cosimo I in persona, per evitargli un processo per eresia, come sarebbe successo qualche anno dopo agli amici Pietro Carnesecchi e Aonio Paleario, bruciati sul rogo a Roma.

Dopo la sua guarigione, R. morì a Firenze, nel 1564.