Mainardi, Agostino (1482-1563)

Agostino Mainardi, nato a Caraglio, vicino a Saluzzo, nel 1482, fece parte di quell'ordine agostiniano, da cui uscirono tanti riformati italiani del XVI secolo, come Ambrogio Cavalli, Ortensio Lando, Andrea Ghetti da Volterra, Giulio Della Rovere, e Giuliano Brigantino.

Dal 1516 fu nominato rettore dello studio del convento di S. Agostino a Pavia e, dopo anni d'ortodossia, M. iniziò ad essere notato per le sue idee riformiste, soprattutto in occasione delle predicazioni tenute durante la Quaresima del 1532 ad Asti. Ciononostante, l'anno successivo (1533) M. fu nominato priore del convento di Santa Mustiola a Pavia, dove strinse una profonda amicizia con il giovane Celio Secondo Curione, che convertì alla Riforma, e con il confratello Giulio Della Rovere.

A causa della sua facilità d'eloquenza, egli fu spesso richiesto come predicatore e, negli anni successivi, tenne una serie di prediche in tutta la penisola. In particolare si ricordano quelle durante il suo soggiorno a Roma nel 1538, dove entrò in polemica con Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore dell'ordine dei Gesuiti; e le sue prediche a Venezia nel 1540, dove fu sospettato di essere luterano, e a Milano nel 1541. In quest'ultima città M. fu arrestato, assieme al confratello Niccolò da Verona, nel giugno dello stesso 1541, su ordine del governatore spagnolo, ma sfuggì al processo con l'esilio in Svizzera. Tuttavia mantenne contatti epistolari con i suoi confratelli del convento di San Marco in Milano, di cui cinque furono arrestati nel 1547, quando si scoprì il loro legame proibito con M.

Nel cantone Grigioni, sotto la protezione della potente famiglia de Salis di Coira, egli ricoprì il ruolo di primo pastore evangelico a Chiavenna (ai tempi la Valtellina era parte del territorio elvetico del Cantone Grigioni), dove contribuì alla costruzione della prima chiesa riformata della regione e, nel 1549, accolse, a braccia aperte, Pier Paolo Vergerio, in fuga da Capodistria, dopo la sua adesione al Protestantesimo.

Durante l'esercizio del suo pastorato, si scontrò con le idee protocristiane e anabattiste di Camillo Renato. Nel 1548, come reazione all'avanzata delle idee troppo estremiste di Renato (che fu poi scomunicato nel 1550), M., eccessivamente rigoroso, cercò di obbligare tutti i fedeli della Chiesa riformata di Chiavenna di giurare fedeltà alla confessione di fede, che egli si era fatto approvare dalle autorità religiose di Coira, Zurigo e Basilea. L'azione purtroppo gli alienò l'amicizia con Francesco Negri da Bassano, con il quale aveva avuto dei buoni rapporti fino a quel momento, e con Francesco Stancaro, che lo accusò di troppa ortodossia, e troppo poco dialogo, in questa diatriba sorta sull'opportunità dei sacramenti.

Nel 1548 egli diede il suo appoggio all'infruttuoso tentativo di Baldassarre Altieri d'Aquila di convincere i riformatori di Zurigo di appoggiare politicamente il movimento evangelico nella repubblica veneziana.

Nell'esercizio del suo pastorato M. fu sempre molto prodigo verso i profughi (salvo poi lamentarsi con Heinrich Bullinger di aver accolto apparenti dei cristiani riformati, che poi si erano scoperti essere anabattisti o antitrinitariani) ed attrasse anche illustri esiliati religiosi, come ad esempio Isabella Bresegna, moglie di don Garcia Manrique, governatore di Piacenza, la quale fuggì nel 1557 e si ritirò nella comunità di M. a Chiavenna.

M. morì il 31 luglio 1563 a Chiavenna e come suo successore e pastore della città fu eletto Girolamo Zanchi.

Tra le sue opere si ricordano il Trattato dell'unica et perfetta satisfattione di Christo (1551), una presentazione delle dottrine essenziali del protestantesimo, e l'Anatonomia della messa del 1552.