Soranzo, Vittore (o Vettore), vescovo di Bergamo (1500-1558)

Vittore (o Vettore) Soranzo, era nato a Venezia nel 1500, primogenito del patrizio Alvise Soranzo e della moglie Lucia Cappello, ed aveva studiato a Padova. Uscito dall'università, egli intraprese la carriera ecclesiastica e fu nominato cameriere segreto di Papa Clemente VII (1523-1534), ma in seguito conobbe importanti figure dell'evangelismo e riformismo italiano, come Giovanni Morone, Alvise Priuli, Pietro Carnesecchi, Vittoria Colonna, attraverso i quali venne a contatto con le idee di Juan de Valdés.

Dopo la dissoluzione dei circoli valdesiani, S. abitò, tra la fine del 1541 e l'inizio del 1542, nella casa viterbese del cardinale Reginald Pole, dove fece la conoscenza di altri pensatori eterodossi come Apollonio Merenda e Marcantonio Flaminio, e studiò, apprezzandolo, il Beneficio di Christo di Benedetto Fontanini da Mantova. Tuttavia, pur sentendo il fascino delle idee dell'ambiente dei circoli di Valdès e di Pole, S. non avvertì mai la necessità di doversi distaccare dalle istituzioni ecclesiastiche cattoliche, e mantenne quindi un atteggiamento abbastanza nicodemitico.

Amico e allievo del cardinale Pietro Bembo, fu da questi delegato a subentrare come vescovo della diocesi di Bergamo, nel cui ruolo si installò nel 1544. Pio, onesto e favorevole al dialogo con la Riforma, S. diede immediatamente luogo ad una decisa svolta nella lotta contro gli abusi ed i vizi del clero bergamasco, e chiamò a predicare un minorita itinerante alquanto eterodosso, Bartolomeo Golfi Della Pergola, favorevole alla giustificazione per fede, ma nel contempo le sue azioni gli inimicarono i Rettori, cioè le autorità civili locali.

Infatti, benché nel 1549 S. avesse aperto e presieduto, lui stesso, un tribunale dell'Inquisizione [venne, tra gli altri, condannato a morte in contumacia nel 1551 il medico calvinista Guglielmo Gratarolo (1516-1568)], ebbe comunque luogo una velenosa campagna di calunnia nei suoi confronti: mediante anonimi opuscoli, lo si accusò di eresia luterana, assieme al notaio Giorgio de Vavassori (o Vavassoribus) di Medolago (o più semplicemente Giorgio Medolago) (1483-ca. 1551).

Questi era già stato inquisito per luteranesimo e imprigionato nel 1536 per ordine del vescovo Pietro Lippomano, ma i familiari e amici (i Vavassori di Medolago erano una conosciuta e potente dinastia di notai a Bergamo) avevano assaltato la prigione di Santo Stefano, liberandolo e permettendogli di fuggire a Venezia. Rientrato a Bergamo nel 1549, Giorgio de Vavassori si trovò coinvolto appunto in questa campagna antiluterana contro il vescovo della città, complicata dall'arrivo nel 1550 del fanatico Inquisitore fra Michele Ghisleri, il futuro papa Pio V (1566-1572), il quale, in un primo momento, dovette ignominiosamente battere in ritirata, abbandonando Bergamo con un cavallo preso in prestito, poiché si trovò in grave pericolo di vita a causa dell'ostilità dei bergamaschi. Questi erano stati sobillati dal clan dei Vavassori, in seguito al nuovo arresto e trasferimento del loro congiunto nelle carceri di Venezia, dove in seguito morì.

Tuttavia Ghisleri non era certo uno che mollava facilmente la presa, quando sentiva odore di eresia: continuò quindi a raccogliere testimonianze e prove contro S., che riuscì a far arrestare nel 1551 e rinchiudere a Castel Sant'Angelo, a Roma. Particolarmente compromettente fu il ritrovamento di un quaderno del vescovo, con la trascrizione dei testi della Confessio Augustana e della Praefatio in Novum Testamentum di Lutero, le copie di varie lettere, come quelle da Lutero a Baldassarre Altieri d'Aquila, o di Bucero ai "fratelli italiani" e altre letture proibite.

S. fu processato a Roma, ma assolto dal Santo Uffizio, venne reintegrato nella sua diocesi nel 1554. Tuttavia, dopo tre anni, egli fu nuovamente inquisito in seguito all'arresto del cardinale Morone nel 1557. Nell'aprile di quell'anno, il papa Paolo IV (1555-1559) dichiarò nulli tutti gli atti di S. come vescovo di Bergamo e considerò la sede vacante dal 1547, in quanto il privilegio a S., concesso dal Bembo ad beneplacitum nostrum, era venuto a decadere con la morte di quest'ultimo in quell'anno.

Comunque S. morì nel 1558 senza che si potessero prendere ulteriori provvedimenti contro di lui.