Pauliciani (dal VII secolo)

Fare clic per visualizzare la foto

Una miniatura raffigurante l'imperatore Alessio Comneno, fiero oppositore di pauliciani e bogomili

La storia

Il paulicianesimo fu una setta dualistica, la cui fondazione è tradizionalmente attribuita a Costantino di Manamali nel 655. Nel 682, Costantino fu ucciso ed il suo stesso carnefice, l'ex ufficiale delle truppe bizantine, Simeone, divenne il nuovo capo della setta fino al 690, data in cui egli fu bruciato sul rogo.

Nel VIII secolo, la comunità si riorganizzò nel 717 a Episparsis (Erek, nell'Armenia occidentale, oggigiorno in Turchia, vicino alla frontiera con l'Iraq), si susseguirono diversi capi, tra cui un tale Paolo l'Armeno, da cui alcuni pensano che si stato preso il nome della setta (vedi denominazione).

Le beghe interne, le persecuzioni bizantine e le guerre con gli Arabi portarono la setta molto vicina all'estinzione fino all'avvento del riformatore Sergio, il quale provocò uno scisma all'interno della setta, creando la corrente dei Sergiti, in opposizione ai Baaniti, seguaci del precedente capo Baanes, e sotto la sua guida, il movimento p. riprese vigore, espandendosi nella Cilicia ed in Asia Minore.

Era il periodo in cui gli imperatori bizantini della dinastia isuarica, come Niceforo I Logoteta (802-811) tolleravano la presenza di questa setta, soprattutto quando i suoi adepti accettavano di prestare servizio militare, per l'impero, nelle zone di confine con gli Arabi. Ma i successivi imperatori della dinastia amoriana, come Teofilo (829-842), Teodora (reggente 842-865) e Michele III (842-867), ripresero le persecuzioni, causando la ribellione dei p., i quali, nonostante gli appelli pacifisti di Sergio, si allearono con i mussulmani, i nemici del momento dell'impero bizantino. Artefice di quest'alleanza fu Karbeas, considerato il fondatore nel 844 dello stato p., di cui fissò nel 856 la capitale a Tephrike (l'odierno Divrigi, nella Turchia centrale). Alla morte di Karbeas nel 863, successe, alla guida dell'effimero stato, Crisoceir (cioè "mano d'oro"), che, nel periodo tra il 863 ed il 872, tenne in scacco le truppe imperiali, avanzando con i soldati p. fino ad Efeso ed alla costa di fronte a Costantinopoli. Crisoceir, tuttavia, fu sconfitto e ucciso nel 872, data in cui si estinse lo stato p. e fu distrutta la sua capitale Tephrike.

Sopravvissero diverse comunità eretiche, ma non ribelli, di p. nell'impero e durante il regno di Giovanni I Zimisce (968-975), nel 970, essi vennero deportati in massa nella Tracia, come forza d'urto contro le invasioni dei Bulgari. All'imperatore Alessio I Comneno (1081-1118), fondatore dell'omonima dinastia, venne attribuito il merito di aver convertito gli ultimi p. Tuttavia, le deportazioni ebbero un effetto non previsto dagli imperatori bizantini: la diffusione delle dottrine p. nella penisola balcanica che contribuì allo sviluppo di altri gruppi di eretici dualisti, come i bogomili ed i catari.

Il p. sopravvisse anche in Armenia, sotto forma di setta dei tondrakiani, almeno fino all'XI secolo, anche se la scoperta alla fine del XIX secolo, nella biblioteca di Etchmiadzin, di un antico testo di dottrina tondrakiana-pauliciana, denominato La Chiave della Verità, sequestrato nel 1837 ad alcuni armeni, potrebbe essere il segnale di una continuità in Armenia, nei secoli successivi al XI, di comunità isolate p. attive fino all'invasione del paese da parte della Russia nel 1828.

La denominazione

Il nome di pauliciani dato ai seguaci di questa setta ha dato origine ad una serie di ipotesi, nessuna delle quali è totalmente soddisfacente:

  • La particolare venerazione per San Paolo, rinforzato dall'abitudine di rinominare i capi p. con i nomi dei compagni di Paolo.

  • Una supposta discendenza spirituale da Paolo di Samosata, derivato dal fatto che Costantino, il fondatore era nato a Manamali, vicino a Samosata.

  • Una derivazione dal nome dei due missionari, Paolo e Giovanni, che portarono l'eresia in Armenia nel VIII secolo, da cui il nome Pauloioannoi.

  • I discepoli del "piccolo Paolo", ma non si è mai saputo a chi si faceva riferimento.

La dottrina

Il p. era derivato probabilmente dalla fusione sincretica di diverse dottrine eretiche, che erano state popolari in Asia Minore nei secoli precedenti, come lo gnosticismo, il marcionismo, il messalianismo, il manicheismo, mentre sembra del tutto accertato l'estraneità agli insegnamenti adozionisti di Paolo di Samosata.

Dalle dottrine di Marcione, i p. negarono l'importanza del Vecchio Testamento e propugnarono il concetto dualista e gnostico di due Dei, il Dio malvagio del Vecchio Testamento, creatore del mondo e della materia, e il Dio buono del Nuovo Testamento, creatore dello spirito e dell'anima, l'unico degno d'adorazione. I p., quindi, utilizzavano come testi sacri solo il Nuovo Testamento, con particolare attenzione alle lettere di San Paolo ed al Vangelo di San Luca, erano invece rigettate le lettere di San Pietro.

Come altre sette gnostiche, ad esempio i manichei, anche i p. erano divisi in pochi "Perfetti", celibi, astemi e vegetariani, e molti "Uditori" o catecumeni. Oltretutto essi erano non violenti e quindi costò loro molta fatica il dovere brandire le armi per difendersi contro gli attacchi delle truppe bizantine. Come i messaliani, essi consideravano inutili la mediazione della Chiesa e i sacramenti (però qualche volta si facevano battezzare), come forme esteriori della Chiesa, della quale combatterono anche il culto delle immagini, diventando iconoclasti, cosa che permise loro una relativa tranquillità nel periodo degli imperatori della dinastia isaurica, persecutori proprio delle immagini sacre. Rispetto all'Incarnazione di Cristo, i p. la rifiutavano, seguendo l'eresia del docetismo, poiché credevano che il corpo di Cristo fosse del tutto immateriale, essendo Egli un angelo.

Sono infine calunniose e prive di fondamento le dicerie di strani riti satanici, compiuti dai p. con sacrifici notturni di neonati, riportate da Giovanni di Ojun (o Ozniensis), vescovo della Chiesa Armena.