Michele da Cesena (ca. 1270-1342) e michelisti

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Leopoldo Trieste interpreta Michele da Cesena ne "Il nome della rosa" di Jean-Jacques Annaud

Michele Fuschi, detto Michele da Cesena, nacque per l'appunto a Cesena nel 1270 circa e, dopo essere entrato nell'ordine dei francescani, si laureò in teologia all'università di Parigi.

Nel Capitolo Generale di Napoli del 1316, M. fu eletto ministro generale e ben presto dovette vedersela con l'annosa questione degli spirituali, di quei francescani, che osservavano alla lettera la Regola ed il Testamento del Santo, desiderando mantenerne l'originale stile di vita, ed in questo contrastati dai conventuali, i francescani che desideravano operare una parziale revisione in senso mitigatore della Regola dell'ordine.

M., a quel tempo un conventuale, cercò appoggio presso Papa Giovanni XXII (1316-1334), che agì, scomunicando gli spirituali e facendone torturare 25 da parte dell'Inquisizione. Quattro di loro, i quali, nonostante tutto, si rifiutarono di riconoscere l'autorità papale sul movimento, furono bruciati sul rogo nel 1318. Tuttavia, poco dopo, anche tra i conventuali scoppiò una polemica interna per quanto concerneva la questione della povertà assoluta di Gesù Cristo e degli apostoli. Infatti, nel 1322, confortato da un'ambigua risposta di Ubertino da Casale, il quale aveva dichiarato che Gesù e gli apostoli erano poveri in termini di proprietà personali, ma che avevano potuto far uso di beni e denari per ogni loro necessità, Giovanni XXII scomunicò come eretica l'affermazione, propria degli spirituali, che Cristo e gli Apostoli non avevano alcun possesso né come individui né come in comune.

Ma questa presa di posizione provocò la reazione di M., fino a quel momento non schierato: egli convocò nel 1322 il Capitolo Generale dell'ordine francescano per emettere un pronunciamento a favore dell'assoluta povertà di Gesù Cristo e degli apostoli. Questo pronunciamento fu avvallato dai ministri provinciali dell'ordine di Inghilterra, Aquitania, Francia del nord e Germania meridionale, ma fece infuriare il solito Giovanni XXII, che nel 1324 emise una nuova bolla scomunicando tutti coloro che si opponevano alla decisione papale.

Nel 1327 M. fu convocato dal papa ad Avignone, dove fu violentemente ripreso per questo pronunciamento del Capitolo, ma da dove, nel 1328, temendo il peggio, fuggì via mare per mezzo di una galea inviata da Ludovico IV il Bavaro (1314-1347).

M. s'inserì successivamente nella lotta per l'investitura dell'imperatore tra Giovanni XXII e Ludovico il Bavaro e prese una posizione ghibellina, entrando a Roma al seguito di Ludovico in compagnia di Guglielmo di Occam, Marsilio da Padova, Jean de Jandun e Ubertino da Casale. Nello stesso 1328, Giovanni XXII scomunicò M. e lo dichiarò decaduto come generale dell'ordine. M., a sua volta, dichiarò che il papa era un eretico e, da questa data, prese avvio il movimento dei suoi seguaci, detti michelisti.

Nel 1330 M. seguì Ludovico al suo rientro a Monaco di Baviera e, nonostante il Capitolo di Perpignan lo avesse espulso dall'ordine nel 1331, egli visse a Monaco, protetto dalla benevolenza di Ludovico, fino alla sua morte nel 1342.

Michele da Cesena è stato citato da Umberto Eco nel suo romanzo Il Nome della Rosa.